La buonasanità non fa notizia Logo of esanum https://www.esanum.de

La buonasanità non fa notizia

Ci sono giorni diversi dagli altri, quando quello che fai è più speciale del solito. Oggi vi racconto di un bambino che gioca, che cade, che si fa male, di un ospedale che si attiva per salvarlo e ci riesce.

È il mio unico bambino, è tutta la mia vita

Se fai il medico non c’è un’età che ti assicura di non avere più emozione del tuo mestiere e puoi averne conferma quando una madre ti dice con gli occhi che roteano senza pace: «Dottore, è il mio unico bambino, è tutta la mia vita».
Non succede spesso in una vita con il camice, quasi mai, per fortuna, perché quando capita, capisci che oggi spenderai un po’ di più della tua vita, non sarà solo un giorno e maledici un altro giorno, quello della tua laurea.

È un bambino, è caduto. Sembra solo una caduta, come sempre, e poi tutto però precipita, come mai, e devi decidere se portarlo in sala operatoria o aspettare. Ma non c’è più tempo da aspettare, si va in sala.
La mamma ha gli occhi lucidi, il papà si ritrova disteso sul lettino con le gambe alzate e io a sentirmi dire è il mio bambino, è tutta la mia vita.

È un’emergenza pediatrica, chiamo il mio primario, sta già correndo. È alla sua prima urgenza vera da quando regge le nostre redini e sono solo pochi giorni, ma è calmo, è preparato. Arriva e prepara la sua equipe.
In sala è tutto in ordine, l’attenzione è quella di sempre, ma c’è un bambino con un tubo in gola, è il figlio di tutti noi, anche di chi dice che non ama i figli e mai ne vorrà uno, ma adesso è anche il suo.
L’intervento è finito, la cicatrice non si vedrà, del trauma non avrà memoria, è la speranza di tutti, noi abbiamo fatto un lavoro eccellente. Il prof. Falco e Stefano Berti possono dirsi orgogliosi, la loro scuola funziona.

Oggi ho rivisto la mamma, è consumata dalla paura di una notte che lei invece non dimenticherà mai. Prova a giustificarsi «Io ci provo a dirgli di stare attento, ma non posso farlo vivere sotto una campana di vetro». E io «La capisco, ho tre bambine, mia moglie ne conta anche i respiri e quando c’è aria, scatta l’allerta arancione». Sorride, finalmente.

Non serve dirci bravi

Domani non ci sarà nessun titolone sul giornale, la buona sanità non fa notizia, non vende una copia in più. Non diranno bravo alla pediatra che ha capito che il bambino non era solo caduto mentre giocava, al radiologo che ha fatto la TC, all’anestesista che ne ha cullato il sogno, all’infermiera di sala che lo ha accolto con un sorriso, al primario e alla sua equipe che l’hanno operato, alla OSS che ha pulito la sala.

Noi tutti abbiamo fatto solo il nostro dovere, lo facciamo tutti giorni, perché mai farne notizia, perché mai dirci, bravi?

Il bambino tornerà a giocare, la mamma a sgridarlo per ogni passo di più e noi tutti restiamo a fare un mestiere che, quando succede di incontrare un’emergenza pediatrica, ne segniamo il ricordo nella nostra anima, per sempre.
Non serve il giornale a ricordarcelo, non serve dirci bravi, perché un bambino che sta male e poi torna a sorridere ti regala un giorno che vale un’emozione che sarà di tutta una vita e non ha età per dirsi di averci fatto l’abitudine, mai.