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Clima e salute, una questione di genere

La Dottoressa Sarfraz riflette sulla recente COP28, evidenziando l'importanza dell'adozione della "COP28 UAE Declaration on climate and health". In particolare, sottolinea il legame critico tra cambiamenti climatici, salute umana ed equità di genere.

La "COP28 UAE Declaration on climate and health"

All’inizio di dicembre, la Dottoressa Shabnum Sarfraz è stata una dei quasi 100.000 delegati presenti alla 28ª conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP 28), la più grande conferenza sul clima mai organizzata. Ne ha scritto un articolo su Health Policy Watch, di cui vi riassumiamo i punti salienti.
In qualità di professionista sanitaria e sostenitrice dell'equità di genere nella salute, ha accolto con favore l'adozione della COP28 UAE Declaration on climate and health, la prima dichiarazione internazionale su clima e salute, avvenuta proprio durante la COP28.
Il cambiamento climatico è stato riconosciuto come una minaccia diretta alla salute umana in un'epoca in cui i disastri umanitari causati da incendi, inondazioni, ondate di calore e uragani sono diventati sempre più frequenti. Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), 3,6 miliardi di persone vivono in aree altamente suscettibili al cambiamento climatico, rappresentando quasi la metà della popolazione mondiale. Le previsioni indicano che tra il 2030 e il 2050, il cambiamento climatico potrebbe causare circa 250.000 morti all'anno, derivanti da denutrizione, malaria, diarrea e stress.

Il legame tra cambiamenti climatici, salute e integrazione di genere

Le donne e le ragazze, come parte delle popolazioni vulnerabili, sono particolarmente colpite da questa duplice crisi climatico-sanitaria. Rappresentano 20 milioni di persone sulle 26 milioni già sfollate dal cambiamento climatico. A causa della povertà, delle norme sociali e culturali sfavorevoli e di altri fattori, spesso sono le ultime ad accedere a servizi sanitari vitali, una vera e propria ingiustizia di genere.
Il legame stretto tra clima, salute e genere si rafforza considerando che la stragrande maggioranza di coloro che affrontano gli impatti dei disastri climatici all'interno dei servizi sanitari sono, sorprendentemente, donne. Esse costituiscono il 70% della forza lavoro sanitaria e addirittura il 90% degli operatori sanitari in prima linea durante situazioni di emergenza, come i disastri naturali o la pandemia di COVID-19. Sono loro che sopportano il peso delle grandi emergenze, mantenendo i sistemi sanitari operativi e salvando vite umane.
La lodevole dedizione delle donne impegnate in ambito sanitario è, tuttavia, accompagnata da condizioni di lavoro insicure. Molte di loro non dispongono dei dispositivi di protezione individuale minimi, come documentato dalla ricerca Women in Global Health durante fatta durante la pandemia di COVID-19. Alcune dottoresse e infermiere si sono trovate costrette a creare camici utilizzando sacchi della spazzatura o a riutilizzare DPI a causa di forniture insufficienti. Inoltre, quando il DPI viene fornito, spesso non si adatta alle donne poiché è stato progettato per adattarsi a un corpo maschile, ignorando la varietà di forme fisiche.
A complicare il quadro, secondo la Dottoressa Shabnum Sarfraz si deve aggiungere che le operatrici sanitarie subiscono regolarmente abusi, violenze sessuali e molestie da parte di colleghi maschi, pazienti e membri della comunità. Durante la pandemia di COVID-19 le donne che lavoravano in prima linea sono state addirittura accusate ingiustamente di diffondere l'infezione e attaccate violentemente da no-vax.

Superare le differenze di genere per affrontare le sfide future

Una possibile soluzione a questa situazione potrebbe arrivare da un coinvolgimento più equo delle donne nei processi decisionali in ambito sanitario. Infatti, nonostante costituiscano la stragrande maggioranza della forza lavoro sanitaria, le donne occupano solo il 25% delle posizioni di leadership. Nel gennaio 2020, solo 5 donne sono state invitate a unirsi al comitato di emergenza dell'OMS composto da 21 membri. Un'indagine del 2020 condotta da Women in Global Health ha rilevato che l'85% delle 115 task force nazionali COVID-19 aveva una maggioranza di membri maschi. Questa disparità non è solo ingiusta, ma ha un costo, come dimostra il nuovo rapporto The Great Resignation, che evidenzia la crescente tendenza globale delle donne impegnate in ambito sanitario a lasciare o pensare di lasciare la professione. La crisi di genere nel settore sanitario è un problema che, secondo la Dottoressa Shabnum Sarfraz, non bisogna ignorare.
Quando si tratta degli impatti umanitari della crisi climatica, il coinvolgimento delle donne assume un ruolo centrale. Sono le prime a rispondere durante i disastri climatici, sia in ambito sanitario, sia in ambito familiare e all’interno della comunità. Il cambiamento climatico sta amplificando e moltiplicando le emergenze sanitarie, rendendo l'equità di genere non solo auspicabile ma fondamentale per la nostra resilienza. Secondo la Dottoressa Shabnum Sarfraz, dipendiamo dalle donne per mantenere la sicurezza e minimizzare il tributo umano della crisi climatica.
Nonostante l'apprezzamento per l'adozione della COP28 UAE Declaration on climate and health, è evidente che sono necessari ulteriori sforzi. La dichiarazione menziona operatori sanitari, donne e ragazze solo una volta, quando invece,  secondo la Dottoressa Shabnum Sarfraz, esse dovrebbero essere al centro del nostro pensiero e delle nostre azioni nella relazione tra clima e salute. Senza un nuovo contratto sociale per le donne nel settore della salute, senza equità nella leadership e senza approcci di genere trasformativi nei nostri sistemi sanitari, rischiamo di non essere in grado di affrontare le sfide imprevedibili poste dagli eventi climatici.


Fonte: Sarfraz S. No Time for Hot Air: the Climate and Health Intersection is Gendered. Health Policy Watch. 22/12/2023