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Colonscopia come esame di screening

In uno studio randomizzato sull’efficacia della colonscopia come esame di screening per la prevenzione del tumore colorettale, l'invito ad eseguire una colonscopia ha ridotto l'incidenza del cancro ma non la mortalità.

Lo studio NordICC

L'analisi primaria dello studio NordICC (The Northern-European Initiative on Colorectal Cancer) ha evidenziato che la colonscopia ha ridotto il rischio di cancro del colon solo di circa un quinto, molto al di sotto delle stime passate sull'efficacia dell'esame, e non ha fornito alcuna riduzione significativa della mortalità per cancro del colon. Molti gastroenterologi, tra cui lo stesso Michael Bretthauer, medico e ricercatore norvegese che ha condotto lo studio, hanno reagito ai risultati con un misto di shock, delusione e persino una leggera incredulità.
Si tratta del primo studio randomizzato che mostra i risultati dell'esposizione delle persone allo screening colonscopico rispetto all'assenza di colonscopia. In molti attendevano risultati diversi. Lo studio di certo non invalida la colonscopia come utile strumento di screening, ma forse determina una rivalutazione della sua posizione come gold standard per lo screening del cancro del colon.

Lo screening per il cancro del colon retto

Lo screening del cancro colorettale è un intervento di prevenzione che può avvalersi di diverse metodiche. Oltre alla colonscopia figurando ad esempio: il test del sangue occulto nelle feci (FOBT, faecal occult blood test), la rettosigmoidoscopia, il test immunochimico delle feci (FIT, fecal immunochemical test).  Negli Stati Uniti la USPSTF (United States Preventive Services Task Force) ha approvato la politica secondo la quale qualsiasi test di screening è meglio di niente. In questa situazione, sebbene la rettosigmoidoscopia avesse i dati più solidi e avrebbe dovuto avere la priorità, i medici hanno spesso preferito la colonscopia per esaminare l'intero colon (e forse anche perché l’esame è ben rimborsato).

Le ricerche condotte in passato hanno sempre dimostrato che la colonscopia può ridurre enormemente, dell'ordine del 70%, l'incidenza e la mortalità del cancro del colon. Ma nessuno di questi studi era un ampio trial randomizzato, da tutti ritenuti il culmine di evidenza nella ricerca clinica. Così Bretthauer, dell'Università di Oslo e dell'Oslo University Hospital, e alcuni colleghi ne hanno avviato uno una decina di anni fa, reclutando più di 80.000 persone di età compresa tra i 55 e i 64 anni in Polonia, Norvegia e Svezia per verificare se la colonscopia fosse davvero così efficace come tutti credevano. Circa 28.000 dei partecipanti sono stati selezionati a caso per essere sottoposti ad una colonscopia (gruppo “invitati”), mentre gli altri hanno continuato a seguire le loro cure abituali, che non includevano lo screening regolare della colonscopia (quando è iniziato lo studio, in questi Paesi c'erano pochi o nessun programma di screening colonscopico organizzato a livello di popolazione).

I risultati dello studio NordICC

I ricercatori hanno quindi tenuto traccia delle colonscopie, delle diagnosi di cancro al colon, dei decessi per cancro al colon e dei decessi per qualsiasi causa. In 10 anni di follow-up, l'invito alla colonscopia di screening ha ridotto modestamente il rischio di diagnosi di cancro del colon-retto, ma non ha ridotto significativamente il rischio di morte per cancro del colon-retto. La sopravvivenza al cancro è stata quasi identica in entrambi i gruppi.  Anche la mortalità per tutte le cause è stata la stessa.

I numeri specifici dell'esito primario:

  • La probabilità di ammalarsi (di avere una diagnosi) di cancro del colon-retto nel gruppo invitati è stata dello 0,98% rispetto all'1,2% nel gruppo che ha ricevuto le cure abituali. Ciò rappresenta una riduzione del 18% in termini relativi e una riduzione del rischio assoluto dello 0,22% o 22 per 10.000.
  • La probabilità di morire per cancro del colon-retto nel gruppo invitati è stata dello 0,28% rispetto allo 0,31% del gruppo di cura abituale. Questa riduzione del 10% in termini relativi equivale a una differenza di 3 su 10.000 e non ha raggiunto la significatività statistica.
  • Nel gruppo invitati è morto l'11,03% dei pazienti; nel gruppo di cura abituale è morto l'11,04% dei pazienti.

Sfumature nell’interpretazione dei risultati

I risultati sono incongruenti con alcune indagini condotte in passato su altri screening del cancro del colon. "Sappiamo da altri test di screening che possiamo ridurre la mortalità per cancro in misura maggiore", ha dichiarato Jason Dominitz, che ha scritto un editoriale di accompagnamento sul NEJM e non ha lavorato allo studio. Dominitz ha sottolineato che la rettosigmoidoscopia, che esamina solo una porzione più piccola del colon, ha dimostrato di ridurre la mortalità per cancro del colon in studi randomizzati. "La colonscopia è la rettosigmoidoscopia con l’aggiunta di qualcos’altro, quindi viene da pensare che non possa essere meno efficace della rettosigmoidoscopia", ha detto.

Anche il trattamento del cancro è progredito negli ultimi due decenni e lo studio ha avuto solo 10 anni di follow-up, entrambi fattori che rendono più difficile vedere un beneficio in termini di mortalità dallo screening. "Stanno facendo un follow-up di 15 anni e mi aspetterei di vedere una riduzione significativa della mortalità per cancro a lungo termine", ha detto Dominitz. "Sarà il tempo a dirci qualcosa di più".

Ma le sfumature nell'interpretazione dei dati abbondano, ha detto Dominitz. Ad esempio, una minoranza dei partecipanti invitati alla colonscopia, solo il 42%, si è effettivamente presentata a fare l’esame. Questo potrebbe aver diluito i benefici della colonscopia visti nello studio. Questa osservazione è alla base della critica principale dello studio: non si può trarre beneficio da una colonscopia se non la si è fatta.  
John Mandrola e Vinay Prasad, nel loro sito Sensible Medicine, offrono due confutazioni a questa argomentazione. La prima è che il loro tasso apparentemente basso di accettazione dopo l’invito non è molto diverso dall'esperienza degli Stati Uniti. Le indagini attuali suggeriscono che il 60-70% degli americani si sottopone a screening per il cancro del colon. Questo tasso è aumentato negli ultimi anni. Sebbene si tratti di una stima approssimativa, non è del tutto dissimile dai tassi raggiunti in NordICC e si avvicina ai tassi raggiunti in un sito di arruolamento, la Norvegia, che non ha riportato esiti diversi.
La seconda obiezione si addentra nei meandri della conduzione degli studi e delle statistiche. Sebbene l'idea di contare solo coloro che si sottopongono alla procedura abbia un senso teorico, in realtà è complicata. Gli autori hanno condotto quella che viene definita un'analisi “per-protocol”, in cui si considerano coloro che sono stati effettivamente sottoposti alla procedura rispetto all'assistenza abituale.
In statistica, però, i puristi ritengono che i risultati degli studi debbano basarsi sul gruppo a cui si è stati randomizzati e non su ciò che accade dopo la randomizzazione. Questo principio è chiamato "intention-to-treat" o, in questo caso, "intention-to-screen".
Perché? Perché lo scopo della randomizzazione è quello di bilanciare i confondenti noti e sconosciuti, per equilibrare le distribuzioni dei risultati in assenza di un effetto. Un'analisi per-protocol annulla la randomizzazione. Le persone che si sottopongono allo screening colonscopico potrebbero essere diverse da quelle che fanno spallucce. Potrebbero essere più ricche, o più propense a impegnarsi in altri comportamenti sanitari, o più docili e compiacenti. In effetti, se ci si affida al per-protocollo, perché randomizzare?  Gli autori hanno aggiustato le covariate nella loro analisi per-protocol; avrebbero potuto farlo in un set di dati osservazionali.
Comunque, notano, con tutte queste limitazioni, l'analisi per-protocol (lo scenario migliore) ha rilevato che il rischio di morte per tumore del colon-retto era dello 0,15% nel gruppo degli invitati rispetto allo 0,30% nel gruppo delle cure abituali. Si tratta di una riduzione del 50% in termini relativi. In termini assoluti, la differenza di rischio è dello 0,15% o 15 per 10.000.

Lo stesso Bretthauer ha riferito che l'analisi secondaria non è robusta come l'analisi primaria o intention-to-treat. "L'analisi intention-to-treat è la metodologia migliore, l'analisi in cui riporre tutta la propria fiducia", ha detto Bretthauer di Oslo. Questo lo ha portato a considerare che lui e tutti gli altri nel campo del cancro del colon potrebbero essersi sbagliati sull'utilità della colonscopia.

Il valore della colonscopia come test di screening dopo lo studio NordICC

"Non è l’asso nella manica che pensavamo di avere", ha detto Bretthauer. "Credo che abbiamo sopravvalutato la colonscopia. Se si guarda a ciò che dicono le società di gastroenterologia, e io stesso ne faccio parte quindi sono i miei collaboratori, si parlava di una riduzione del 70, 80 o addirittura del 90% del cancro al colon se tutti si sottoponessero alla colonscopia. Questi dati non lo dimostrano".
Piuttosto, ha detto, il vero beneficio dello screening colonscopico potrebbe trovarsi a metà strada tra le analisi primarie e secondarie del suo studio. "Se ci si sottopone a una colonscopia, si può ridurre il rischio di ammalarsi di cancro colorettale del 20-30%", ha detto Bretthauer. Ciò la rende più in linea con gli altri principali test per il cancro del colon-retto, che analizzano le feci alla ricerca di segni di cancro, DNA anomalo o sangue, e possono essere eseguiti a casa.
Questo solleva un punto importante per i politici, ha aggiunto Bretthauer. La colonscopia è più costosa, richiede più tempo ed è più sgradevole per i pazienti. Molti Paesi europei si sono opposti all'idea di destinare i fondi della sanità pubblica a un programma ampio e costoso, quando il test fecale era più economico, più semplice e aveva avuto una maggiore diffusione in alcuni studi. "Ora l'approccio europeo ha molto più senso. Non solo è più economico, ma forse altrettanto efficace", ha detto Bretthauer.

Sebbene le conclusioni di NordICC riguardino soprattutto i programmi di screening, i suoi risultati informano anche il processo decisionale individuale.
Una persona che decide di sottoporsi a una colonscopia si assume un onere notevole. La "preparazione" (che è un eufemismo per dire che deve fare la cacca più di 12 volte) occupa gran parte del giorno prima dell'esame e il giorno successivo è improduttivo a causa della procedura e della sua sedazione.
L'onere andrebbe bene se ci fosse una riduzione proporzionale del rischio. Una persona pensa: quali sono le mie probabilità di evitare una morte colorettale con e senza la procedura?

Effetti immediati sulle politiche sanitarie

Questa non è la fine degli studi sullo screening colorettale. Scopriremo di più da uno studio svedese che confronta la colonscopia con il test immunochimico fecale o con l'assistenza abituale. E ci sono due studi statunitensi in corso che faranno chiarezza.
Per ora, però, si tratta di risultati sorprendenti che dovrebbero avere un'influenza immediata sulle decisioni relative ai programmi di screening e alle scelte individuali.


Fonti: Bretthauer M, Løberg M, Wieszczy P, Kalager M, Emilsson L, Garborg K, Rupinski M, Dekker E, Spaander M, Bugajski M, Holme Ø, Zauber AG, Pilonis ND, Mroz A, Kuipers EJ, Shi J, Hernán MA, Adami HO, Regula J, Hoff G, Kaminski MF; NordICC Study Group. Effect of Colonoscopy Screening on Risks of Colorectal Cancer and Related Death. N Engl J Med. 2022 Oct 9. doi: 10.1056/NEJMoa2208375. Epub ahead of print. PMID: 36214590.
Dominitz JA, Robertson DJ. Understanding the Results of a Randomized Trial of Screening Colonoscopy. N Engl J Med. 2022 Oct 9. doi: 10.1056/NEJMe2211595. Epub ahead of print. PMID: 36214591.
Mandrola J, Prasad V. Screening Colonoscopy Misses the Mark in its First Real Test. Sensible Medicine. Oct 10, 2022
Chen A. In gold-standard trial, invitation to colonoscopy reduced cancer incidence but not death. STAT. Oct 9, 2022