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Come il coronavirus si diffonde in ospedale

È stato pubblicato recentemente un report con i risultati di un'indagine su un'epidemia nosocomiale di COVID-19 presso il St. Augustine's Hospital, in Sudafrica. L'indagine è iniziata il 4 aprile dopo l'identificazione di un certo numero di casi confermati di COVID-19.

Una ricerca descrive la diffusione del virus SARS-CoV-2 in un ospedale del Sudafrica

È stato pubblicato recentemente un report con i risultati di un'indagine su un'epidemia nosocomiale di COVID-19 presso il St. Augustine's Hospital, in Sudafrica. L'indagine è iniziata il 4 aprile dopo l'identificazione di un certo numero di casi confermati di COVID-19 e di tre decessi in ospedale. I metodi di indagine hanno incluso revisioni delle cartelle cliniche, visite in reparto e colloqui con gli operatori sanitari e la direzione. È stata costruita una linea temporale dettagliata dei casi di pazienti per generare ipotesi sulla diffusione dell'infezione attraverso l'ospedale. Inoltre, sono state eseguite indagini genetiche sui campioni raccolti per eseguire i tamponi.

Il 9 marzo, un paziente rientrato da poco dopo un viaggio in Europa e che presentava i sintomi da COVID-19 è stato visitato al pronto soccorso del St. Augustine’s Hospital, un ospedale privato di Durban, in Sudafrica. Otto settimane dopo, 39 pazienti dell’ospedale e 80 membri dello staff ospedaliero risultavano infettati e 15 pazienti erano morti (in quel momento il 50% dei decessi nella provincia di KwaZulu-Natal).
Ricercatori dell'Università di KwaZulu-Natal hanno pubblicato una ricostruzione dettagliata di come il virus si è diffuso da un reparto all'altro e tra pazienti, medici e infermieri, basata su mappe dell'ospedale, analisi dei movimenti del personale e dei pazienti e genomi virali. L’analisi, pubblicata sul sito web dell'università il 22 maggio, è lo studio più esteso sulla diffusione ospedaliera del virus SARS-CoV-2 di cui oggi disponiamo. Suggerisce che tutti i casi hanno avuto origine da un singolo caso e che i pazienti raramente hanno infettato altri pazienti. Invece, il virus è stato diffuso per lo più dal personale e dalle attrezzature mediche.

"È una storia importante e una testimonianza della capacità del virus di diffondersi attraverso una struttura ospedaliera se non sono in atto gli adeguati controlli", dice il Dr. Michael Klompas, uno specialista di malattie infettive della Harvard Medical School non coinvolto nello studio. Le infezioni ospedaliere non sono rare, come attesta il gran numero di operatori sanitari infetti in tutto il mondo. Documentando le vie di diffusione, il rapporto "contiene preziose lezioni su come le istituzioni sanitarie devono funzionare nell'era COVID-19", dice il Prof. Salim Abdool Karim, epidemiologo ed infettivologo di Durban.
Il rapporto, che si legge come un romanzo poliziesco, traccia la diffusione del virus attraverso cinque reparti ospedalieri, tra cui quelli di neurologia, chirurgia e unità di terapia intensiva, oltre che in una vicina casa di cura e in un centro di dialisi. È sorprendente il fatto che non sembrano esserci state infezioni del personale nell'unità di terapia intensiva COVID-19 dell'ospedale, probabilmente l'area più rischiosa dell'ospedale. Secondo gli autori, ciò può essere dovuto al fatto che i pazienti sono meno contagiosi al momento del ricovero in terapia intensiva, o al fatto che il personale è più diligente nell’utilizzare i dispositivi di protezione.

Il primo paziente che si è presentato in pronto soccorso con sintomi da coronavirus ha trascorso solo poche ore in ospedale, ma probabilmente ha trasmesso il virus a un paziente anziano ricoverato lo stesso giorno per un ictus. I due pazienti si sono trovati nel reparto di emergenza dell'ospedale nello stesso momento. Il primo paziente è stato tenuto separato in un'area di triage, ma quella stanza era in comunicazione con la sala di osservazione principale, dove il paziente con ictus occupava un letto - il reparto di emergenza è stato chiuso ad aprile e riaperto dopo un mese con una pianta modificata, proprio per migliorare il controllo dell'infezione. I due pazienti sono stati visitati poi dallo stesso medico.

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Credits: University of KwaZulu-Natal

Il paziente con ictus, che ha avuto febbre il 13 marzo, ha probabilmente infettato il primo caso tra il personale, un'infermiera che se ne è presa cura e che ha sviluppato i sintomi il 17 marzo. Altri quattro pazienti potrebbero aver contratto il virus dal paziente colpito da ictus, tra cui una donna di 46 anni ricoverata per asma grave che aveva il letto di fronte al suo. Sia lei che il paziente con ictus sono morti.
Tuttavia, nel complesso, i pazienti hanno infettato direttamente pochi altri pazienti. Invece il personale ospedaliero ha diffuso la malattia da paziente a paziente e da reparto a reparto - forse in alcuni casi senza essere stati contagiati loro stessi. "Pensiamo che in linea di massima il contagio sia avvenuto tramite le mani del personale e gli strumenti di cura condivisi con i pazienti, come termometri, manicotti per misurare la pressione sanguigna e stetoscopi", ha detto il Dr. Richard Lessells, tra i coordinatori dello studio.

La ricerca rileva che l'ospedale ha commesso diversi errori nella gestione dell’infezione. In una dichiarazione del 20 maggio, Craig Murphy, direttore regionale di Netcare, il gruppo ospedaliero a cui appartiene il St. Augustine’s Hospital, ha definito l'epidemia "un'esperienza triste e trasformativa". Ha aggiunto che tutte le raccomandazioni contenute nel rapporto sono state "pienamente attuate" al momento della pubblicazione.
L'epidemia del St. Augustine’s Hospital ha rappresentato un campanello d'allarme per il Sudafrica, ha detto il Prof. Abdool Karim: "Ha messo in evidenza l'importanza delle epidemie ospedaliere, la facilità con cui si verificano e i rischi non solo per i pazienti, ma anche per il personale e i visitatori".
Gli autori fanno una serie di raccomandazioni per ridurre tali rischi, tra cui la suddivisione dell'ospedale in zone in base al rischio di esposizione al COVID-19, la limitazione degli spostamenti del personale tra le varie zone e i test diagnostici settimanali per il personale in prima linea. Gli ospedali di altre parti del mondo dovrebbero prendere nota, dice Jens Van Preat, uno specialista di medicina interna dell'AZ Sint-Jan AV Hospital, Belgio, che ha scritto sulla prevenzione della diffusione del COVID-19 in ospedale. "L'alto tasso di membri dello staff COVID-19 positivo - 80 casi su 119 - indica che sono stati importanti vettori, e che lo screening del personale è una misura essenziale per fermare la diffusione".

 


Fonti: Lessels R, Moosa Y, de Oliveira T. Report into a nosocomial outbreak of coronavirus disease 2019 (COVID‐19) at Netcare St. Augustine’s Hospital. University of Kwazulu-Natal. 15 May 2020
Nordling L. Study tells ‘remarkable story’ about COVID-19’s deadly rampage through a South African hospital. Science. May 25 2020