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Desametasone nella COVID-19: per molti, ma non per tutti

Nei pazienti COVID-19 ricoverati, l'uso di desametasone ha portato a una mortalità inferiore tra coloro alla randomizzazione sottoposti a ventilazione meccanica invasiva o ad ossigenoterapia.

Pubblicati su NEJM i primi, incoraggianti risultati del RECOVERY Trial

Nei pazienti COVID-19 ricoverati, l'uso di desametasone ha portato a una mortalità inferiore a 28 giorni tra coloro alla randomizzazione sottoposti a ventilazione meccanica invasiva o ad ossigenoterapia, ma non tra coloro che non avevano bisogno di alcun supporto respiratorio.

A partire dall’esplosione della pandemia di COVID-19, clinici di tutto il mondo hanno unito i loro sforzi nella ricerca di una terapia efficace per questa patologia muovendosi essenzialmente su due fronti: contenimento della replicazione virale (lopinavir/ritonavir, remdesivir) e riduzione della risposta infiammatoria dell’ospite, cui si attribuisce il mantenimento dei processi di danno d’organo sia polmonare sia sistemico.
Lo studio “RECOVERY” (Randomizer Evaluation of Covid-19 Treatment) prende il via lo scorso maggio nel Regno Unito e fin da subito i risultati per quanto riguarda il desametasone sono incoraggianti, tanto che nel mese di ottobre 2020 AIFA ne approva l’uso per malati ricoverati per COVID-19 con malattia moderata-severa.

Il 25 febbraio 2021 è stato pubblicato lo studio sulla rivista New England Journal of Medicine. I numeri raccolti sono, come purtroppo si può immaginare, molto grandi (6425 pazienti randomizzati per desametasone VS terapia standard) e, anche in forza di ciò, i risultati godono di buona significatività statistica.
Durante lo studio il desametasone è stato somministrato alla dose di 6 mg (indipendentemente dal peso) per un periodo fino a 10 giorni, in tre gruppi di pazienti:  necessitanti di ventilazione meccanica invasiva, necessitanti di supporto ventilatorio non invasivo o di sola ossigenoterapia e non necessitanti ossigenoterapia.
Nei gruppi di ventilazione meccanica e ossigenoterapia il desametasone ha dimostrato una riduzione della mortalità a 28 giorni significativa rispetto alla terapia standard. Nei pazienti che invece non richiedevano ossigenoterapia il desametasone si è rivelato non solo inutile, ma potenzialmente dannoso (la mortalità nel gruppo dei pazienti trattati è risultata infatti maggiore rispetto ai controlli).    
Un altro aspetto è interessante: i pazienti sono stati arruolati e poi categorizzati sulla base delle loro necessità di ventilazione e il trattamento avviato al momento della randomizzazione, indipendentemente dal timing dell’esordio dei sintomi.  I pazienti necessitanti di ventilazione meccanica avevano un timing di esordio sintomatologico più lungo rispetto alle altre due coorti, e hanno tuttavia dimostrato i migliori benefici in termini di mortalità. Questi risultati favorevoli correlano, in effetti, con l’ipotesi fisiopatologica per cui nella COVID-19 la replicazione virale è molto attiva all’inizio ma declina dopo circa una settimana, dove poi a prevalere sono i meccanismi di risposta dell’ospite.


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credits: NEJM


Questo studio pone non solo una solida evidenza a favore del trattamento con steroide, già approvato da AIFA e largamente messo in atto nelle unità di Terapia Intensiva e nei reparti sub-intensivi,  ma soprattutto impone una riflessione sull’impiego, attualmente dilagante, anche per una dispercezione dei potenziali rischi da parte dell’opinione pubblica, degli steroidi nel trattamento di forme domiciliari “minori” di COVID-19 sul territorio.

 


Fonte: RECOVERY Collaborative Group, Horby P, Lim WS, Emberson JR, Mafham M, Bell JL, Linsell L, Staplin N, Brightling C, Ustianowski A, Elmahi E, Prudon B, Green C, Felton T, Chadwick D, Rege K, Fegan C, Chappell LC, Faust SN, Jaki T, Jeffery K, Montgomery A, Rowan K, Juszczak E, Baillie JK, Haynes R, Landray MJ. Dexamethasone in Hospitalized Patients with Covid-19. N Engl J Med. 2021 Feb 25;384(8):693-704. doi: 10.1056/NEJMoa2021436. Epub 2020 Jul 17. PMID: 32678530; PMCID: PMC7383595.