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La cardio-RM può essere una metodica di prevenzione?

Una recente pubblicazione mostra i risultati dello studio della prognosi a lungo termine di pazienti con infarto del miocardio non riconosciuto. Gli autori dimostrano che l’infarto miocardico non riconosciuto è associato a mortalità a lungo termine equivalente a quella dell’infarto miocardico diagnosticato.

La mortalità a 10 anni di infarti miocardici diagnosticati e non diagnosticati è simile

Una recente pubblicazione mostra i risultati dello studio della prognosi a lungo termine di pazienti con infarto del miocardio non riconosciuto. Gli autori dimostrano che l’infarto miocardico non riconosciuto è associato a mortalità a lungo termine equivalente a quella dell’infarto miocardico diagnosticato. Lo studio è stato pubblicato sull’ultimo numero di JAMA Cardiology.

Lo studio di Acharya et al. è un proseguimento di un precedente lavoro del 2012 che riportava gli esiti di pazienti con infarto miocardico clinicamente non riconosciuto (unrecognized myocardial infarction, UMI) rilevati dalla cardio-RM (risonanza magnetica cardiaca), rispetto a quelli di pazienti con infarto miocardico precedentemente diagnosticato (recognized myocardial infarction, RMI). Gli autori dello studio hanno esaminato i risultati a lungo termine di pazienti che non avevano avuto infarto miocardico, di quelli che avevano avuto una storia di infarto miocardico e di quelli con infarto miocardico non riconosciuto ma identificato dalla cardio-RM basale. Dei 925 pazienti studiati, 156 (17%) avevano avuto un infarto miocardico non riconosciuto e 91 (10%) avevano avuto un infarto miocardico riconosciuto. I restanti 686 pazienti non avevano avuto infarto miocardico.

A tre anni, non ci sono differenze significative nel tasso di mortalità tra coloro i pazienti con UMI e quelli che non avevano avuto infarto miocardico. Inoltre, il tasso di mortalità per tutte le cause è significativamente più basso tra i pazienti con UMI rispetto a quelli con RMI. A cinque anni, i tassi di mortalità per infarto miocardico non riconosciuto (13%) sono intermedi tra i pazienti senza infarto miocardico (8%) ed i pazienti con RMI (19%). Tuttavia, a 10 anni, non esistono sostanziali differenze tra il tasso di mortalità dei pazienti con UMI (49%) e quelli con RMI (51%). Entrambi i tassi sono significativamente più alti di quelli dei pazienti senza infarto del miocardio (30%).
Secondo gli autori due meccanismi potrebbero spiegare perché i tassi di mortalità dei pazienti UMI e RMI abbiano progressivamente iniziato a convergere. Il primo è che i pazienti con UMI potrebbero presentare un diverso fenotipo della malattia coronarica, con un maggior coinvolgimento di piccoli vasi e fibrillazione atriale. Il secondo è che per i pazienti con RMI le azioni preventive potrebbero attenuare i tassi di mortalità. Il riconoscimento di un infarto miocardico può aver modificato gli stili di vita. L'alto tasso di mortalità nei pazienti con UMI può invece essere spiegato da un numero minore di prescrizioni di trattamenti preventivi.

Gli autori concludono sottolineando che l'infarto miocardico non riconosciuto costituisce un problema di salute pubblica sottovalutato. Studi futuri dovranno stabilire se una diagnosi precoce fatta con cardio-RM possa attivare la gestione dei fattori di rischio e, quindi, ridurne le complicanze a lungo termine.


Fonte: Acharya T, Aspelund T, Jonasson TF, Schelbert EB, Cao JJ, Sathya B, Dyke CK, Aletras AH, Sigurdsson S, Thorgeirsson G, Eiriksdottir G, Harris T, Launer LJ, Gudnason V, Arai AE. Association of Unrecognized Myocardial Infarction With Long-term Outcomes in Community-Dwelling Older Adults: The ICELAND MI Study. JAMA Cardiol. 2018 Oct 10. doi: 10.1001/jamacardio.2018.3285.