Il riconoscimento della sofferenza e l’empatia possono ridurre il dolore percepito
La gestione del dolore è una questione importante per tutti gli operatori sanitari. Uno studio francese ha indagato se il comportamento degli operatori sanitari possa influenzare la percezione del dolore. Secondo i risultati, quando chi presta assistenza ai pazienti mostra empatia, la percezione del dolore è minore.
"Ogni medico o infermiera sa che il suo comportamento può influenzare la percezione del dolore nei propri pazienti" spiega Camille Fauchon, ricercatrice del Centre de Recherche en Neurosciences de Lyon. Questa osservazione empirica condivisa è stata per la prima volta oggetto di una valutazione scientifica. I ricercatori hanno voluto prima confermare questa osservazione comportamentale, poi comprenderne i meccanismi.
I partecipanti allo studio non sapevano che si trattasse di una ricerca sull’empatia. Pensavano che lo scopo dello studio fosse solo quello di raccogliere dati sulla loro percezione del dolore. Il vero scopo dello studio è stato rivelato alla fine dell’esperimento.
Sono stati selezionati 30 partecipanti. Nessuno soffriva di disturbi cardiaci, neurologici, psichiatrici (compresi depressione ed ansia) o di dolore cronico. I partecipanti allo studio sono stati messi all’interno di una apparecchiatura per risonanza magnetica nucleare (RMN) ad alto campo 3 Tesla e hanno ricevuto stimoli termici dolorosi. Mentre erano lì, hanno sentito “casualmente” discussioni da parte del personale del dipartimento di imaging. In realtà si trattava di attori professionisti che seguivano un copione scritto da un team di psicoterapeuti.
Sono stati collocati tre volte nella macchina per RMN, ricevendo ogni volta stimoli dolorosi equivalenti. Nei tre test, però, hanno sentito conversazioni differenti: commenti neutri, non empatici, poi empatici. Durante ogni sessione di 8 minuti, i partecipanti hanno ricevuto 12 stimoli termici dolorosi alternati a 8 stimoli verbali (feedback degli operatori sanitari).
Le immagini fornite dalla fMRI (risonanza magnetica funzionale) hanno permesso di confrontare, per ogni tipo di feedback, il segnale BOLD (Blood Oxygen Level Dependent) delle varie aree cerebrali.
La prima fase di questo primo esperimento ha evidenziato che frasi empatiche riducono il dolore di circa il 12%. "E' abbastanza significativo: alcuni farmaci non fanno di meglio", commenta Camille Fauchon. D'altra parte, frasi non empatiche aumentano il dolore in modo non significativo, probabilmente a causa di un meccanismo di difesa tale per cui i soggetti interrompono l’ascolto.
La seconda fase dell’esperimento è consistita nel cercare di comprendere i meccanismi neuronali coinvolti. L'esperienza consapevole del dolore è il risultato dell'attività e dell'interazione di molte reti neuronali specializzate. Al primo livello ci sono le aree preposte a ricevere segnali sensoriali dall'area stimolata alla periferia. Questo segnale viene poi elaborato da reti cosiddette "superiori" dedicate all'attenzione, alla memoria, all'autoconsapevolezza, all'esplorazione del contesto. Sono queste reti che daranno sollievo alla sensazione dolorosa integrando dimensioni cognitive, emotive o legate al contesto. In questo caso, i commenti empatici hanno avuto un impatto sulla corteccia cingolata posteriore e sul precuneo.
Fonti: Blanquart B. L'empathie des soignants pour traiter la douleur. Esanum.fr. 05/09/2019
Fauchon C et coll. Brain activity sustaining the modulation of pain by empathetic comments. Scientific Reports (2019) 9:8398. https://doi.org/10.1038/s41598-019-44879-9