Il problema della dipendenza digitale in età pediatrica va affrontato con strumenti nuovi
In un commento pubblicato recentemente su JAMA, il Dr. Dimitri A. Christakis,, ha parlato della “dipendenza digitale”. Secondo il suo parere e secondo quello di molti esperti, dovremmo insegnare ai bambini a gestire il mondo digitale con moderazione, piuttosto che considerarlo qualcosa di assolutamente nocivo, che non deve avere un posto nella nostra vita. Su JAMA si parla di bambini e dipendenza digitale, di come analizzare il fenomeno e poter risolvere i problemi connessi.
Il fenomeno emergente della dipendenza digitale rappresenta un problema reale e diffuso, per il quale al momento non esistono soluzioni semplici o strategie di prevenzione. L’uso degli smartphone e l’avvento dei social network hanno reso più difficile analizzare e risolvere il problema. L'esposizione al mondo digitale è onnipresente, quasi inevitabile.
Per coloro che cercano di studiare gli effetti dei media sullo sviluppo dei bambini, ciò pone sfide complicate. Evitare i media digitali è impraticabile e forse indesiderabile, scrive su JAMA il Dr. Christakis, direttore del Center for Child Health Behavior and Development al Seattle Children's Research Institute e professore di pediatria all'Università di Washington.
La Dr.ssa Ellen Selkie, pediatra presso il Michigan Medicine - University of Michigan, esperta sull'uso dei social media da parte degli adolescenti, ha detto: "Il mondo digitale ormai è come il cibo, è qualcosa di cui tutti abbiamo bisogno. Per gli adolescenti è il modo in cui socializzano". Ha poi aggiunto: “Con i bambini più piccoli è più semplice. Ci sono evidenze che supportano limitazioni assolute all’uso di dispositivi connessi a internet. Con i bambini più grandi ed i ragazzi la situazione è più complicata. Un adolescente che sta sempre sullo smartphone è un dipendente digitale o sta semplicemente dove sono i suoi amici?".
Il Dr. Christakis suggerisce che il rapporto tra esposizione mediatica e salute negli adolescenti segua un modello di "U invertita". Quindi sia la bassa che l'alta esposizione sono associate a risultati meno desiderabili, migliori sono i risultati dei livelli medi. Una recente meta-analisi ha rilevato che sia gli adolescenti che usano troppo, sia quelli che usano poco i social media hanno più problemi psicologici rispetto a quelli che ne fanno un uso moderato.
Secondo Christakis la complessità del fenomeno richiede che i ricercatori usino strumenti adeguati e nuove competenze. La maggior parte degli studi sull’uso dei media digitali da parte di bambini/adolescenti, ad esempio, definiscono l’uso esclusivamente in termini di tempo trascorso su vari dispositivi o di attività (ad esempio, social media o giochi). Ma questo è troppo semplicistico. Ad esempio, lo stesso uso dei social media può essere molto diverso e avere conseguenze opposte. Un’ora di utilizzo dei social media potrebbe essere spesa in un gruppo di supporto online. Per un adolescente omosessuale, una tale comunità può essere una risorsa di supporto inestimabile e altrimenti non disponibile. Invece, per un adolescente con un disturbi alimentari l'esposizione ai social media può normalizzare e persino incoraggiare il comportamento. Non ci si può basare solo sul tempo trascorso su un dispositivo o sul tipo di attività, ma piuttosto è importante capire come quel tempo viene speso.
Inoltre, tradizionalmente, per valutare l'esposizione ai media, i ricercatori si affidano all'autovalutazione retrospettiva o a diari contemporanei. Questi strumenti sono antiquati e non catturano i numerosi e variegati usi dei media di oggi. Come possono i genitori raccontare in modo affidabile l'uso che i loro figli fanno dei media o dei giochi online, dato che molti bambini e adolescenti portano sempre in tasca un dispositivo e lo usano per comunicare, giocare e fare i compiti? Come gli adolescenti possono stimare il tempo trascorso online date le centinaia di volte al giorno in cui controllano il telefono, anche per pochi secondi? Come potrebbero informare con precisione gli scienziati di ciò che fanno con lo smartphone?
Mentre i ricercatori faticano a trovare metodi per raccogliere questi dati in modo affidabile, l'industria, di routine, li cattura, li utilizza e li monetizza. Informazioni su ciò che i bambini vedono, quanto tempo guardano e anche come si sentono al riguardo. Chi raccoglie e gestisce questi dati, soprattutto a scopo commerciale, dovrebbe considerare la possibilità di collaborare con i ricercatori in modo da poter iniziare a capire come affrontare il problema della dipendenza digitale nell’interesse dei bambini. Per il Dr. Christakis, senza la loro collaborazione, i ricercatori potrebbero non ottenere mai le risposte di cui hanno bisogno.
Fonti: Christakis D. The Challenges of Defining and Studying "Digital Addiction" in Children. JAMA. 2019 May 16. doi: 10.1001/jama.2019.4690.
Klass P. Is ‘Digital Addiction’ a Real Threat to Kids? The New York Times. May 20, 2019