La storia del 118 Logo of esanum https://www.esanum.de

La storia del 118

L’evoluzione del soccorso extra-ospedaliero in Italia è segnata da tragici eventi che hanno mostrato le carenze dei sistemi di intervento e hanno spinto l’implementazione di cambiamenti arrivati fino ad oggi.

Dalle prime esperienze bolognesi degli anni Settanta al numero unico per le emergenze sanitarie 118

L’evoluzione del soccorso extra-ospedaliero in Italia è segnata da tragici eventi che hanno mostrato le carenze dei sistemi di intervento e hanno spinto l’implementazione di cambiamenti che oggi sono alla base dell’attuale gestione delle emergenze sanitarie.

Noi viviamo in un’epoca in cui, alle nostre latitudini, la gestione delle emergenze extra-ospedaliere è programmata e coordinata a più livelli, consentendo efficacia e rapidità nei soccorsi ed un razionale impiego delle risorse disponibili. Ma non è sempre stato così.
In Italia la vera rivoluzione nei soccorsi, in epoca moderna, si è avuta tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Novanta del secolo scorso, con la nascita del servizio 118. Altra spinta alla modernizzazione dei soccorsi è nata, negli anni Duemila, con lo sviluppo delle nuove tecnologie, in particolare con la diffusione di Internet e dei telefoni cellulari. Andiamo con ordine.

Scoop and run

Prima degli anni Novanta chiamare i soccorsi per un’emergenza sanitaria non era cosa semplice. Bisognava trovare un telefono (se si era fuori casa si correva a cercare una cabina telefonica o un bar) e in aggiunta bisognava conoscere il numero di telefono del servizio di ambulanza, che era diverso per ogni città o paese (il numero di solito si trovava all’ingresso della città, sui cartelli stradali segnaletici, e sugli elenchi telefonici). Non esisteva alcun coordinamento, nessuna centrale operativa territoriale, per cui poteva capitare che arrivasse sul posto un’ambulanza, che ne arrivassero 3 o 4, che non arrivasse nessuno.
Le ambulanze avevano come unico obiettivo il trasporto rapido del paziente in ospedale. La cultura del “scoop and run” (carica e vai) prevedeva che il paziente dovesse essere portato in fretta nell’ospedale più vicino. Sulle ambulanze, dei semplici furgoni dotati solo di barella e poco altro, c’erano i portantini, o barellieri, che arrivavano, caricavano e andavano in ospedale. Non era prevista alcuna altra azione sul posto, nessun inquadramento diagnostico, nessuna stabilizzazione, nessun tipo di trattamento. Anche per questo capitava spesso che chi avesse un’auto disponibile portasse direttamente il paziente in ospedale, senza chiamare nessuno (sventolando un fazzoletto bianco fuori dal finestrino per chiedere la precedenza agli altri automobilisti). L’ospedale scelto, dalle ambulanze o dai privati, era quello più vicino, anche se poteva essere quello meno idoneo per il trattamento di un paziente (che spesso poi doveva essere trasferito nella struttura adatta, con notevole aumento dei tempi di gestione dell’emergenza).

 

ambulanza_cri.jpg
Ambulanza della Croce Rossa Italiana 1960

 

In questo contesto era difficile prestare soccorso in caso di emergenze mediche e di piccoli incidenti. Era ovviamente impossibile gestire in modo efficace, dal punto di vista medico e chirurgico, le maxi-emergenze. Furono certamente queste, insieme ad un aumento costante del numero e della gravità dei traumi da incidente stradale (il boom economico degli anni Sessanta ebbe, come conseguenza, un aumento considerevole delle automobili in circolazione), a dare la spinta maggiore perché i servizi di emergenza evolvessero. Il disastro del Vajont  del 1963, l'alluvione di Firenze del 1966, i terremoti che si susseguirono nel decennio successivo (Belice 1968, Friuli 1970, Campania 1980) indussero radicali cambiamenti nella cultura del soccorso.

La rivoluzione bolognese, tra terrorismo e disastri ferroviari

La culla italiana della nuova cultura del soccorso fu la città di Bologna. Pietra miliare, sul finire degli anni Sessanta, fu la nascita di un Centro di Pronto Intervento Sanitario (CePIS), voluto dal Prof. Vittorio Sabena ed istituito presso il nuovo Ospedale Maggiore. Il servizio, si occupava inizialmente soprattutto del trasporto dei pazienti da un ospedale all'altro. Contribuirono poi tre avvenimenti catastrofici, che ebbero il territorio bolognese come tragico teatro. La strage dell’Italicus, il disastro di Murazze di Vado e la strage di Bologna.
Attorno all'una del mattino del 4 agosto 1974, nei pressi della stazione di San Benedetto Val di Sambro (BO), un ordigno esplose sul treno Italicus, diretto a Monaco di Baviera. L'attentato causò la morte di 12 persone e il ferimento di una cinquantina di viaggiatori. Il sistema dei soccorsi mostrò tutte le sue debolezze.
Quattro anni dopo, Il 15 aprile 1978, in località Murazze di Vado nel comune emiliano di Monzuno, sulla linea Firenze-Bologna, un treno deragliò a causa di uno smottamento provocato dalle intense piogge. Pochi istanti dopo sbucò dalla galleria, in direzione opposta, il treno rapido Freccia della Laguna che urtò violentemente il treno fermo di traverso, deragliando a sua volta e finendo nella scarpata sottostante. Il bilancio dell'incidente fu di 48 morti e un centinaio di feriti. In quest’occasione il CePIS intervenne per la prima volta con il ruolo di coordinamento dei soccorsi sanitari, organizzando lo smistamento dei feriti all’Ospedale Maggiore.

 

disastro_freccia_laguna.jpg
Disastro Freccia della Laguna (credit: RAINEWS)

 

Il CePIS successivamente si strutturò nel coordinamento del trasporto interospedaliero e all’occasione nel soccorso alla cittadinanza con i mezzi a disposizione, certamente più avanzati di quelli di molte “croci” private. Il sistema era all’avanguardia per l’epoca. La sala operativa dell’Ospedale Maggiore di Bologna disponeva infatti di un sistema di comunicazione composto da più linee telefoniche, un impianto radio in collegamento con le ambulanze e un elaboratore elettronico connesso ai diversi ospedali cittadini con la situazione dei posti letto dei vari reparti.
Nel 1979 la direzione organizzativa del CePIS venne affidata a Marco Vigna, infermiere, che in collaborazione con il Dott. Lino Nardozzi della Direzione Sanitaria dell’Ospedale Maggiore diede inizio ad una vera rivoluzione culturale organizzativa. La rivoluzione si fondava su 4 pilastri:

  1. creazione di una rete integrata fra le varie realtà territoriali coinvolte nel primo soccorso (in primis ospedali, Croce Rossa Italiana, Pubbliche Assistenze) tramite la stipula di convenzioni;
  2. attivazione di una centrale operativa unificata per il coordinamento delle risorse;
  3. definizione di un nuovo concetto di primo intervento, con passaggio da “scoop and run” a “stay and play” (intervento sul posto per stabilizzare le funzioni vitali del paziente);
  4. miglioramento del livello assistenziale dell’ambulanza, mettendo a bordo infermieri e medici.

La nuova realtà che si andava delineando fu subito messa duramente alla prova in occasione della strage di Bologna del 2 agosto 1980. In questa drammatica situazione il CePIS diventò l’autorevole punto di riferimento per tutti i mezzi di soccorso. L’assessorato alla Sanità del Comune di Bologna, favorevolmente impressionato dall’efficienza dei soccorsi in quella drammatica occasione, diede la spinta definitiva alla creazione della Centrale Unica bolognese per il Soccorso ed il Trasporto: nacque così Bologna Soccorso.
 

Bologna Soccorso e il 118

Bologna Soccorso mostrò grande professionalità in diverse occasioni, tra cui la strage del Rapido 904 (1984). Il sistema creato a Bologna si dimostrò efficace, permetteva soccorsi rapidi ed efficienti. Nel 1986, nel pieno delle sperimentazioni e delle implementazioni, Bologna Soccorso diede vita al primo servizio di elisoccorso stabile in Italia. Tuttavia, a livello nazionale, non si muoveva ancora nulla per ristrutturare il sistema dei soccorsi.

 

bologna_soccorso_ambulanza.jpg
Ambulanza di Bologna Soccorso (credit: Grazia)

 

Nel 1990, in occasione del Campionato del Mondo di calcio che si giocava in Italia, Bologna Soccorso fece un ulteriore passo in avanti nella modernizzazione dell’emergenza sanitaria. Sulla base di un contratto tra l'azienda telefonica Sip e il Ministero della Sanità, in quell’occasione venne attivato a Bologna il 118 come numero unico di chiamata per le emergenze sanitarie.
In contemporanea il 118 venne attivato a Udine ma Il primo servizio a coprire una intera provincia nacque a Gorizia nel 1991, scelta come laboratorio dalla Regione Friuli Venezia Giulia che, assieme all'Emilia-Romagna, fu la prima regione ad attivare il servizio.
Il servizio "118" vero e proprio come lo è oggi, è stato istituito in seguito al Decreto legge sulla sanità (il c.d. "decreto De Lorenzo") a firma del Presidente della Repubblica Francesco Cossiga del 27 marzo 1992, e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 76 del 31 marzo 1992, dove furono costituite le centrali operative 118 anche nelle altre città, sulla base delle innovazioni introdotte a Bologna. Solo allora si affermarono a livello nazionale importanti principi quali: l’integrazione del servizio pubblico con il volontariato, l’identificazione dell’infermiere come responsabile operativo della centrale, l’attribuzione della responsabilità ad un medico responsabile e l’identificazione dei tipi e dei tempi d’intervento di soccorso.

 

Un elemento fondamentale, che ha cambiato lo scenario nazionale, risale al 1990, quando sono state attivate le Centrali Operative 118, nate sulla base dell’esperienza bolognese ed emiliano- romagnola. Le Centrali Operative richiedono grande conoscenza del territorio, dotazione di risorse, utilizzo delle tecnologie più avanzate, interconnessione con associazioni e istituzioni, numero unico. Disporre di notizie, trasferire le informazioni, comunicare in tempo reale, coordinare i mezzi: il cuore del sistema, che rende possibile una grande capacità di flessibilità e adattabilità, indispensabili quando si è di fronte  ad un evento della portata di un terremoto, sono proprio le Centrali Operative.

Marco Vigna


Riferimenti:
Baietti M, Cordenons F. 118 Bologna Soccorso - La storia. 118 Bologna Soccorso. 1999
Agnesi M. Dalla nascita del 118 al numero unico di emergenza 112. Ilprimosoccorso.it. 05 agosto 2018
Frittoli E. 40 anni fa la strage di Bologna e i soccorsi. Panorama. 01 agosto 2020
Mauro Moruzzi, Franco De Felice, La casa di Dedalo. Nel labirinto della sanità bolognese. Storie, fatti, informazioni, Ozzano Emilia, Union Cards, 1995, p. 154 sgg.
Marco Vigna, uno dei padri del 118, va in pensione. OPI Bologna. 31 agosto 2016