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Il futuro dell'oncologia gastrointestinale

Intervista alla Professoressa Chiara Cremolini dell’Università di Pisa al suo rientro dal congresso “ESMO Gastrointestinal Cancers 2024”, occasione di approfondimento e discussione delle novità in campo di oncologia gastrointestinale.

esanum: Lei è appena rientrata da Monaco di Baviera, dove si è svolto il congresso “ESMO Gastrointestinal Cancers 2024”. Cosa si porta a casa da questo meeting?

Il congresso ESMO di Monaco di Baviera si è svolto poche settimane dopo quello organizzato a Chicago dall’American Society of Clinical Oncology (ASCO), uno degli appuntamenti più rilevanti dal punto di vista delle novità assolute in oncologia. Non era quindi plausibile aspettarsi, a breve distanza di tempo, nuove evidenze o risultati eclatanti che non fossero già stati condivisi durante ASCO 2024. Pertanto, questo congresso ha rappresentato l’occasione per puntualizzare concetti, per approfondire e discutere le novità in gran parte arrivate dal congresso americano, col fine di adeguare gli elementi nuovi al contesto della pratica clinica europea. 

esanum: Durante il congresso Lei ha tenuto un seminario sul cancro colorettale metastatico (1), argomento importante nella sua ricerca. Quali sono le novità più interessanti che ha condiviso con i colleghi? 

La novità più rilevante in questo ambito riguarda il trapianto di fegato, che oggi è un’opzione terapeutica da offrire ad alcuni pazienti selezionati affetti da cancro colorettale metastatico. Si tratta di una novità estremamente importante, che risulta dallo studio TransMet (2). Lo studio francese, che ha arruolato pazienti anche in Belgio e in Italia, ha preso in considerazione i pazienti che avevano ricevuto un trattamento sistemico chemioterapico nonostante il quale rimanevano non candidabili a resezione chirurgica radicale. I pazienti sono stati randomizzati a ricevere lo standard of care oppure a sottoporsi a trapianto di fegato. I risultati mostrano che chi era sottoposto a trapianto di fegato ha avuto vantaggi clinici importanti in termini di sopravvivenza rispetto a chi continuava soltanto con il trattamento sistemico. 
Tengo a precisare che il trapianto di fegato non ha lo scopo di guarire i pazienti dalla malattia oncologica, cosa che va considerata anche quando si pesano possibili benefici e rischi di un intervento chirurgico di grande portata. Questi pazienti, nella maggior parte dei casi, hanno ricadute, ma, dopo il trapianto, hanno ricadute solo sul polmone, cosa che rende spesso possibile successivi interventi mirati. Si pensi ad esempio alla radioterapia stereotassica, che ha mantenuto una quota più che rilevante di questi pazienti senza malattia a 5 anni dal momento della randomizzazione. Si tratta di un trattamento che ha un impatto molto importante sull’aspettativa di vita dei pazienti con malattia limitata al fegato e non chirurgicamente resecabile nemmeno dopo la chemioterapia. Credo che questo studio non solo cambierà la nostra pratica clinica, ma proprio cambierà il nostro modo di pensare il trapianto d’organo nella storia del trattamento dei pazienti oncologici.

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La Professoressa Chiara Cremolini

esanum: Quali sono i criteri di selezione per candidare un paziente con cancro colorettale metastatico non resecabile al trapianto di fegato? 

Ad oggi la selezione si potrebbe basare sui criteri di inclusione dello studio TransMet, l'evidenza con maggiore robustezza a nostra disposizione. Nello studio TransMet erano arruolati pazienti con meno di 65 anni, in buone condizioni generali, la cui malattia fosse stata stabile per almeno sei mesi con un trattamento medico, giudicati non candidabili ad intervento di resezione chirurgica da un board multidisciplinare composto anche da diversi chirurghi esperti nell'ambito epatobiliare.
Il trapianto di fegato in questi pazienti non sostituisce la resezione chirurgica delle metastasi epatiche. Questa procedura resta il gold standard quando è fattibile dal punto di vista tecnico e sensata dal punto di vista oncologico. Il trapianto di fegato si pone come alternativa solo per un gruppo specifico di pazienti. 
Vi sono inoltre criteri molecolari che aiutano nel selezionare i pazienti. Ad esempio, il tumore deve essere BRAF wild-type (la presenza della mutazione rende la malattia estremamente aggressiva) e non deve avere deficit del mismatch repair (questi tumori rispondono molto bene all’immunoterapia). Da tenere in considerazione poi l’Oslo score che ha identificato quattro predittori negativi: dimensioni massime del tumore >5,5 cm, malattia progressiva alla chemioterapia, intervallo dalla resezione del tumore primario al trapianto di fegato <24 mesi e antigene carcino-embrionale pre-trapianto >80 μg/mL. 
Se prendessimo in considerazione 100 pazienti con tumore del colon non resecabile probabilmente questa opzione di trattamento sarebbe proposta al massimo a 5-6 pazienti.
La selezione del candidato ottimale al trapianto è quindi la chiave successo di questa possibile arma terapeutica. Per questo, a mio parere, la valutazione del paziente non può prescindere da un gruppo di esperti in ambito epatobiliare, sia dal punto di vista oncologico sia dal punto di vista chirurgico, come si è fatto nell’ambito dello studio TransMet. Ritengo che, nella pratica clinica, il singolo caso vada valutato da un board nazionale, che si esprima in primis sulla possibilità di sottoporre il paziente a intervento di resezione chirurgica delle metastasi epatiche. La selezione dei pazienti candidabili al trapianto non deve essere fatta a livello locale, magari in centri piccoli con scarsa expertise. Qui non si tratta più solo di spendere soldi per un trattamento medico, ma anche di allocare un organo, una procedura che ovviamente implica questioni etiche e sociali. Considerata infatti la scarsa disponibilità di organi, la decisione di sottoporre un paziente oncologico a trapianto di fegato potrebbe andare in competizione con altre indicazioni, oncologiche o non oncologiche. 

esanum: Prevenzione diagnosi, terapia: dove si stanno facendo maggiori passi avanti quando parliamo di oncologia gastrointestinale e perché?

Io credo che, dal punto di vista concreto dell'applicazione clinica, i maggiori passi in avanti siano quelli relativi alla caratterizzazione molecolare dei tumori, l’avere identificato sottogruppi suscettibili a determinati trattamenti con buone probabilità di successo. Oggi possiamo orientare le scelte terapeutiche sulla base di caratteristiche studiate sul singolo tumore, una grande conquista.
Si pensi ai pazienti affetti da tumore del colon: esistono sottogruppi definiti da caratteristiche molecolari, come i pazienti con deficit del mismatch repair, che rispondono benissimo all'immunoterapia, o quelli con mutazioni di KRAS che possono essere bersaglio di terapia. Se i test molecolari indicano che il cancro dello stomaco metastatico presenta un livello elevato di HER2 (human epidermal growth factor receptor 2) o di PD-L1 (programmed death-ligand 1), potrebbero essere offerti dei trattamenti specifici per questi tipi di tumore. Tra i nuovi target in studio per il carcinoma gastrico e della giunzione gastroesofagea c'è poi la Claudina.
Un’altra area di sviluppo importante riguarda l’implementazione delle tecniche di biopsia liquida in tutte le fasi dell'approccio al paziente oncologico, in primis nella diagnosi. Ci sono sempre più dati che mostrano come un prelievo di sangue potrà consentirci di fare diagnosi di diversi tipi di tumore. Ovviamente i livelli di sensibilità e specificità dovranno essere assoluti perché questa procedura rientri nella routine clinica. Con questa procedura, nel percorso di screening, avremo anche livelli di accettazione sicuramente superiori rispetto a quelli odierni (si pensi alla scarsa compliance dei pazienti quando sono invitati ad eseguire il test per la ricerca del sangue occulto fecale).

esanum: Diversi studi confermano che negli ultimi decenni, a livello mondiale, il numero di nuovi casi di cancro è aumentato notevolmente nelle persone sotto i 50 anni. Quali sono le cause di questo fenomeno?

Una causa si potrebbe ritrovare nella maggiore consapevolezza che oggi abbiamo rispetto alle malattie familiari e genetiche. Questo determina una maggiore tendenza a fare test di screening in gruppi di popolazione con alte probabilità di avere una malattia familiare o genetica.  Così, ovviamente, aumenta la probabilità di fare diagnosi di malattia, spesso precocemente, impattando positivamente poi sulla prognosi e sulla mortalità.
Questo non spiega completamente il fenomeno, perché i casi sporadici, la cui malattia non ha natura familiare o genetica, che emergono in giovane età sono molti. Quasi certamente molti di questi casi sono legati a fattori oncogeni ambientali, che nel tempo possono determinare lo sviluppo di un tumore. Tuttavia, oggi, non abbiamo una dimostrazione di questo nesso causale con elevato livello di evidenza. C’è molta letteratura sull’argomento, ma non abbiamo ancora dimostrato un nesso causale con la malattia. Ad esempio, si sta studiando l’impatto delle microplastiche assorbite tramite alcuni alimenti sulla salute umana. Si parla molto anche di microbiota, la cui alterazione, dovuta sia ad agenti ambientali sia a terapie farmacologiche, come le terapie antibiotiche cui spesso siamo esposti fin dai primi mesi della nostra vita, sembra incidere sull’insorgenza dei tumori gastrointestinali. Per non parlare dell’inquinamento atmosferico. Tuttavia oggi non c’è una chiara dimostrazione di quali siano i fattori che incidono, per cui è difficile elaborare delle raccomandazioni di prevenzione alla popolazione. 
Dal mio punto di vista, quello che possiamo fare oggi considerando questo aumento dell'incidenza dei tumori nei pazienti più giovani, è, quando possibile, potenziare la diffusione dei test di screening. Parlando ad esempio del tumore del colon, in base agli andamenti epidemiologici, è di buon senso, a mio parere, la decisione di anticipare la data di inizio dei test di screening a 45 anni rispetto ai 50 di oggi.  

esanum: Il ruolo dei biomarcatori nella personalizzazione delle terapie oncologiche è in costante crescita. Come valuta l'importanza di questi strumenti nel trattamento del cancro gastrointestinale?

I biomarcatori hanno un ruolo estremamente importante nella personalizzazione delle strategie terapeutiche in ambito oncologico. In futuro, saremo in grado di analizzare molti biomarcatori ed orientarci verso il trattamento migliore per quel determinato paziente. 
Oggi, nei tumori  gastroenterici, ad eccezione del tumore delle vie biliari, usiamo pochi biomarcatori per prendere decisioni terapeutiche. Nella pratica clinica servono biomarcatori “azionabili”, che siano target della terapia farmacologica. Infatti la conoscenza che in un determinato tumore ci sia una determinata mutazione alla base, senza che si possa usare come bersaglio terapeutico, serve a poco. Io confido che, con l’avanzare della ricerca, avremo sempre più biomarcatori a disposizione per la personalizzazione della terapia, non solo per la malattia metastatica, ma anche per la malattia in fase precoce. Questo passo avanti garantirebbe non solo un miglior tasso di controllo della malattia, quindi un aumento dell’aspettativa di vita senza guarigione, ma anche, caratterizzando il tumore in fase precoce, di colpire con la terapia l’alterazione responsabile della crescita del tumore, cosa che si tradurrà verosimilmente in un più alto tasso di guarigione.

esanum: Quali sono le sue opinioni sull'uso dell'intelligenza artificiale e dei big data nella ricerca oncologica gastroenterica?

Credo che oggi le applicazioni molteplici dell’intelligenza artificiale nella cura del cancro siano appannaggio essenzialmente della ricerca. In questo campo, senza intelligenza artificiale, non sarebbe assolutamente possibile mettere insieme ed analizzare l'enorme mole di dati clinici, molecolari, trascrittomici, radiomici, etc che abbiamo a disposizione. Oggi l’intelligenza artificiale ai fini della ricerca rappresenta, a mio modo di vedere, un grande collante che consente un'analisi ed una valutazione globale di tutti gli elementi che oggi i medici hanno a disposizione per la cura dei pazienti oncologici. In futuro, probabilmente, l’intelligenza artificiale potrà rappresentare un aiuto importante anche nella pratica clinica.

esanum: Lei è Presidente del Gruppo Oncologico Nord Ovest (GONO): che impatto sta avendo questa fondazione nella ricerca oncologica in Italia?

Credo che l’attività della Fondazione GONO nel nostro Paese sia estremamente importante, non solo per il sostegno dato a progetti di ricerca e studi clinici utili per i nostri malati, ma anche per i risultati ottenuti. GONO ha condotto studi scientifici che hanno portato a modificare le linee guida non solo nel nostro Paese, ma anche delle società scientifiche europee, statunitensi e asiatiche.
Nell’ambito della ricerca e della sperimentazione clinica, GONO ha permesso ad alcuni pazienti di avere accesso alla biopsia liquida (non ancora rimborsabile dal Servizio Sanitario Nazionale), sia in fase di diagnosi della malattia minima residua, dopo interventi chirurgici, che nella scelta del trattamento nella malattia metastatica. Ed ha dato accesso precoce ad alcuni farmaci innovativi.
La mission di GONO è cercare di superare le frontiere nazionali e realizzare sempre più progetti in ambito europeo. L'idea principale è quella di cercare di mettere in campo collaborazioni molto fattive, molto pragmatiche, che ci mettano al passo con il ritmo della ricerca indipendente accademica europea, offrendo sempre più possibilità all'avanguardia per i nostri pazienti.

esanum: “Oncologa, ricercatrice, mamma di due mostri, appassionata di patate fritte e coca cola”: questa è la sua biografia su X (ex Twitter). Ci dice qualcosa di più sul conciliare il suo essere mamma con una professione così impegnativa? Nel 2024 purtroppo il tema dell’integrazione di genere è ancora attuale.

Questo è un tema che mi tocca da vicino. Io ho avuto una vita professionale estremamente felice, fortunata e gratificante. Forse mi sono sempre trovata al posto giusto nel momento giusto. Ho fatto scelte lavorative coerenti, ho lavorato sempre in un ambiente sereno, con persone che mi hanno insegnato a lavorare e a crescere. Sono diventata professore ordinario di oncologia a 39 anni, per cui penso di essere di dover essere veramente grata e contenta di quello che dal punto di vista lavorativo sono riuscita a fare. Al di là dei titoli e dei riconoscimenti, credo di aver fatto molta ricerca di buon livello, cosa che mi rende orgogliosa. 
La mia carriera professionale non mi ha impedito di dedicarmi alla famiglia. Ho un marito e due bambini, che sono una delle gioie più grandi della mia vita. Tuttavia, conciliare la vita professionale e quella familiare non è stato facile, e non lo è tuttora. Non avrei potuto fare nulla di quello che ho fatto senza l’aiuto concreto di mio marito e della mia famiglia di origine. 

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Il profilo X della Prof.ssa Cremolini

Nella mia esperienza professionale non ho mai incontrato ostacoli nell’ambiente lavorativo o accademico, non sono mai stata messa da parte in quanto donna, non ho mai percepito di contare di meno dei colleghi uomini. Quello che ho riscontrato io è l’assoluta mancanza di servizi alle famiglie. Spesso, quando si parla di problemi di genere e di integrazione dell'universo femminile si perde di vista la parte pratica. I posti negli asili nido non sono sufficienti, le scuole in estate chiudono per 13 settimane consecutive, le riunioni a scuola sono organizzate in orari che contrastano con le esigenze delle famiglie in cui entrambi i genitori lavorano. Questi sono problemi concreti di vita quotidiana, da cui bisogna partire per fare integrazione di genere.
L’integrazione di genere, a mio parere, si fa con azioni concrete, non con proclami. Stabilire, ad esempio, una percentuale minima di presenza delle donne in una commissione non serve a niente se poi non si consente alle donne di partecipare concretamente. Io vorrei meno proclami e più pragmatismo da parte delle istituzioni e delle aziende. Una donna che rinuncia a lavorare o che si impegna in lavori meno gravosi e meno remunerativi perché non ha servizi che sostengono la famiglia è, per me, un fallimento della società.
 

Note e approfondimenti:
Cremolini C. Treatment of MSS colon cancer first- line, maintenance: Current and future options, future. ESMO Gastrointestinal Cancers Congress 2024. 28/06/2024.
Adam R, Badrudin D, Chiche L, Bucur P, Scatton O, Granger V, Ducreux M, Cillo U, Cauchy F, Lesurtel M, Mabrut JY, Verslype C, Coubeau L, Hardwigsen J, Boleslawski E, Muscari F, Jeddou H, Pezet D, Heyd B, Lucidi V, Geboes K, Lerut J, Majno P, Grimaldi L, Boukhedouni N, Piedvache C, Gelli M, Levi F, Lewin M. Safety and feasibility of chemotherapy followed by liver transplantation for patients with definitely unresectable colorectal liver metastases: insights from the TransMet randomised clinical trial. EClinicalMedicine. 2024 Apr 27;72:102608. doi: 10.1016/j.eclinm.2024.102608. PMID: 38721015; PMCID: PMC11077272.