Le protesi mioelettriche oggi disponibili presentano dei limiti, come ad esempio la adattabilità all'utente e la difficoltà di controllo, che le ricercatrici e i ricercatori italiani e svizzeri stanno provando a risolvere usando la tecnologia della scansione e della stampa 3D della protesi, che permette di ottenere protesi più economiche. Un altro limite è quello della presa vera e propria e della gamma di movimenti possibile: il team ha progettato da un lato un sistema di motori elettrici distribuiti su ogni dito, e dall’altro ha potuto usare i pattern di segnale registrati grazie ai progetti NinaPro e MeganePro per aumentare i movimenti e la loro precisione fino a 36 al momento il numero più elevato pubblicato in letteratura.
La scienza medica, grazie alle sempre più sofisticate tecniche di microchirurgia, in molti casi viene in aiuto con un reimpianto dell’arto stesso ma questo purtroppo non sempre è possibile. Si deve ricorrere così a un arto artificiale che negli ultimi anni da semplice “sostituto inerte” o quasi si sta trasformando in una vera e propria mano bionica grazie ai progressi della chirurgia plastica, della bioingegneria e della robotica.
L’evoluzione dell’uomo e il progresso portano in modo indelebile l’impronta della mano. Attraverso le mani l’uomo ha costruito un futuro sempre più minutamente preciso, strutturato, elaborato. Eppure in Italia ogni anno circa 4 abitanti su centomila subiscono traumi così gravi da determinare l’amputazione di una mano o di parte dell’avambraccio. «I progetti NinaPro e MeganePro hanno portato al database probabilmente più utilizzato al mondo per il controllo di protesi – spiega Atzori-. I muscoli che muovevano la mano, ancora presenti nell'avambraccio, si contraggono sollecitati dallo stimolo cerebrale del movimento. Gli impulsi elettrici emessi sono registrati tramite sensori e utilizzati per innescare i movimenti della protesi.».
«Quando non è possibile il reimpianto dell’arto il chirurgo plastico deve prestare la massima attenzione al “confezionamento” del moncone –sostiene Franco Bassetto – in quanto dipenderà da questo la possibilità in seguito da parte del paziente dell’utilizzo di protesi, dalle più semplici alle più innovative. L’amputazione deve essere effettuata con metodologia che permetta il più possibile la conservazione dei gruppi muscolari per poter così creare il miglior cuscinetto possibile funzionale all’impianto protesico».Grazie al lavoro del nostro Dipartimento abbiamo portato la mano robotica Padovana a prestazioni significative pur con tecnologie e costi accessibili– spiega Petrone.
ProHand modello 3D
Fonte: Comunicato stampa. La nuova mano bionica che dialoga con muscoli e cervello. Università degli Studi di Padova. 03/12/2020