Dopo la partita Portogallo-Ungheria dello scorso 14 giugno, Cristiano Ronaldo, appena seduto davanti al microfono della sala stampa, ha fatto una smorfia di disappunto e ha spostato le due bottiglie di Coca-Cola - tra gli sponsor di Euro 2020 - mettendole fuori dall’inquadratura televisiva. «Agua!», ha poi commentato il campione portoghese, noto per il suo rigore salutista. Bevete acqua, non Coca-Cola, questo il chiaro messaggio.
Sono numerosi gli studi clinici che negli ultimi anni hanno evidenziato i rischi che l’uso delle bevande gassate, i cosiddetti “carbonated soft drinks”, comportano per la salute. Esistono rischi legati all’uso di alcuni coloranti sintetici dal potenziale cancerogeno ed altri connessi all’alto contenuto di zuccheri (aumento del rischio di obesità, dell’insorgenza di diabete di tipo 2 e di danni al sistema cardiocircolatorio).
Abbiamo quindi curiosato su PubMed per leggere se, negli ultimi anni, fossero stati condotti studi riguardanti la Coca-Cola. Abbiamo effettuato la ricerca usando come parola chiave “coca-cola” e impostando i filtri “meta-analisi”, “revisione sistematica”, “revisione”, “pubblicato negli ultimi 5 anni”. Siamo rimasti colpiti dai primi due risultati della ricerca su PubMed, entrambi del 2018, che riguardano argomenti di salute pubblica. Vi riportiamo qui la sintesi degli articoli, con l’invito ad approfondire l’argomento (e a bere acqua, naturalmente).
Negli anni passati erano in molti a pensare che alcune aziende alimentari si adoperassero per fare in modo che i loro prodotti non venissero considerati tra le cause dell’obesità. Secondo questi critici, l’azione delle aziende avveniva finanziando organizzazioni che spostavano il focus della discussione, mettendo in evidenza cause differenti. Per molto tempo non si sono avute prove. In un articolo (1) del 2018 pubblicato sul Journal of Epidemiology & Community Health si parlò di come “The Coca-Cola Company” intendesse promuovere i suoi interessi finanziando il Global Energy Balance Network (GEBN), un gruppo di studiosi riuniti in un'organizzazione no-profit oggi nota per promuovere l'idea che la mancanza di esercizio fisico, non una cattiva alimentazione, fosse la principale responsabile dell'epidemia di obesità. I documenti rivelarono che Coca-Cola avesse finanziato e sostenuto il GEBN perché potesse servire come "arma" per manipolare gli argomenti di discussione sull'obesità. Nonostante i suoi stretti legami con Coca-Cola, il GEBN doveva apparire come un "onesto mediatore" nella “guerra” tra ricerca scientifica ed industria privata. L’obiettivo del GEBN finanziato da Coca-Cola era quello di minimizzare o nascondere gli effetti dello zucchero sull’obesità. Nel 2020, alla notizia della conferma dei rapporti tra Coca-Cola e il Global Energy Balance Network (2), il British Medical Journal etichettò questa vicenda come il punto più basso mai toccato nella storia della salute pubblica (3).
Nel 2018 uno studio (4) valutò la completezza della lista dei 218 ricercatori finanziati dalla Coca-Cola. La lista era stata precedentemente dichiarata “trasparente” dalla stessa Coca-Cola. L’analisi fu condotta usando il database Web of Science Core Collection, recuperando tutti gli studi pubblicati tra il 2008 e il 2016 che dichiaravano di aver ricevuto finanziamenti diretti dal marchio Coca-Cola. I ricercatori scoprirono l’esistenza di 389 articoli, pubblicati in 169 riviste diverse e scritti da 907 ricercatori. Di questi, Coca-Cola riconosceva il finanziamento di soli 42 autori (< 5%).
I ricercatori conclusero che Coca-Cola aveva dichiarato un elenco parziale delle sue attività di ricerca. Inoltre, diversi autori finanziati sembravano non aver dichiarato il finanziamento. Venne poi osservato che la ricerca finanziata non si concentrava sulla nutrizione, ma sottolineava l'importanza dell'attività fisica e il concetto di "equilibrio energetico". In pratica, la maggior parte del sostegno alla ricerca di Coca-Cola era diretto a sostenere l’importanza dell'attività fisica e trascurava il ruolo della dieta nell'obesità.
Un ulteriore aspetto degno di nota dei risultati di Serôdio et al., commentato dall’editoriale che accompagnava l’articolo (5), fu l'inclusione dei nomi dei ricercatori come parte dei risultati della ricerca e della discussione. L'inclusione dei nomi serviva allo scopo di radicare saldamente i risultati e le loro implicazioni nella realtà.
Riferimenti bibliografici
1 - Barlow P, Serôdio P, Ruskin G, McKee M, Stuckler D. Science organisations and Coca-Cola's 'war' with the public health community: insights from an internal industry document. J Epidemiol Community Health. 2018 Sep;72(9):761-763. doi: 10.1136/jech-2017-210375. Epub 2018 Mar 14. PMID: 29540465; PMCID: PMC6109246.
2 - Serodio P, Ruskin G, McKee M, Stuckler D. Evaluating Coca-Cola's attempts to influence public health 'in their own words': analysis of Coca-Cola emails with public health academics leading the Global Energy Balance Network. Public Health Nutr. 2020 Oct;23(14):2647-2653. doi: 10.1017/S1368980020002098. Epub 2020 Aug 3. PMID: 32744984.
3 - Griffin S. Coca-Cola's work with academics was a "low point in history of public health". BMJ. 2020 Aug 3;370:m3075. doi: 10.1136/bmj.m3075. PMID: 32747432.
4 - Serôdio PM, McKee M, Stuckler D. Coca-Cola - a model of transparency in research partnerships? A network analysis of Coca-Cola's research funding (2008-2016). Public Health Nutr. 2018 Jun;21(9):1594-1607. doi: 10.1017/S136898001700307X. Epub 2018 Mar 21. PMID: 29560842; PMCID: PMC5962884.
5 - Tseng M, Barnoya J, Kruger S, Lachat C, Vandevijvere S, Villamor E. Disclosures of Coca-Cola funding: transparent or opaque? Public Health Nutr. 2018 Jun;21(9):1591-1593. doi: 10.1017/S1368980018000691. Epub 2018 Mar 21. PMID: 29560846.