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Terapia intensiva (ri)aperta ai familiari

Un gruppo italiano ha pubblicato sulla rivista Critical Care un documento sui vantaggi derivanti dalla possibilità di permettere le visite in terapia intensiva durante un periodo di pandemia.

Come ripristinare le buone pratiche "umanizzanti" sia nelle unità di terapia intensiva che in quelle non intensive.

A causa della pandemia di COVID-19 sono state vietate le visite ai pazienti da parte dei familiari. Un gruppo italiano ha pubblicato sulla rivista Critical Care un documento sui vantaggi derivanti dalla possibilità di permettere le visite in terapia intensiva durante un periodo di pandemia, proponendo obiettivi strategici essenziali ed una guida operativa per raggiungerli.

All'inizio della crisi sanitaria causata dal virus SARS-CoV-2 sono state decise norme che vietavano ai familiari di far visita ai loro cari in ospedale. Queste regole, che sono per lo più ancora in vigore, sono spesso considerate ingiuste dalle persone che vorrebbero stare vicino ai loro cari, soprattutto durante le fasi critiche di una malattia. Secondo gli autori del documento, nonostante la situazione nei reparti COVID-19 rimanga estremamente impegnativa, pur riconoscendo la complessità che comporta l'implementazione di protocolli per l'ammissione dei familiari, è indispensabile trovare strategie condivise e adattabili ad ogni contesto locale per consentire l'ingresso dei familiari nei reparti COVID-19.

Terapie intensive aperte: i benefici sono maggiori dei rischi

Secondo gli autori i benefici legati alla presenza dei familiari nelle terapie intensive superano di gran lunga i rischi pandemici, che possono essere controllati da protocolli specifici.
Le telefonate e le videochiamate non sono sufficienti. La presenza fisica dei familiari rende più semplice la condivisione dei percorsi di cura. Permette un'informazione più efficace, una maggiore trasparenza e una migliore comprensione dei processi decisionali, e rende più fattibile la condivisione delle scelte di cura.
Dal punto di vista clinico, la presenza dei familiari offre benefici relazionali soprattutto in determinate fasi (ad esempio al termine della fase di sedazione profonda).  La presenza dei familiari inoltre motiva fortemente il paziente a continuare le cure necessarie. Anche se limitata nel tempo e condizionata dai necessari DPI, risponde al bisogno del paziente, aumenta la fiducia dei familiari e l'apprezzamento dell'équipe curante, limita la comprensibile difficoltà dei familiari ad accettare le cattive notizie.
La possibilità di essere fisicamente vicini alla persona amata anche al momento della morte, se richiesta dai familiari, aiuta a ridurre il rischio di sviluppo di problemi psicologici, che possono persistere a lungo.

terapia intensiva aperta.
credit: Critical Care

Suggerimenti per l'apertura dell'unità di terapia intensiva

  1. I membri della famiglia dovrebbero essere ammessi, anche se solo per brevi periodi - Rispetto a nessuna visita, anche le visite brevi hanno spesso un significato sostanziale per parenti e pazienti.
  2. Occorre stabilire regole diverse per le unità di terapia intensiva COVID-19 e COVID-free - Sono necessari protocolli semplici. I parenti dovrebbero ricevere istruzioni chiare, ben definite e non ambigue, e la loro attuazione dovrebbe essere attentamente supervisionata.
  3. Se il numero totale di visite familiari deve essere limitato, è utile facilitare le visite per coloro che ne possono beneficiare maggiormente - Se dovesse essere necessario limitare il numero di visite, è saggio favorire le visite che possono offrire i maggiori benefici possibili al maggior numero sia di pazienti che di visitatori.
  4. È consigliabile istituire un apposito gruppo di lavoro in terapia intensiva e rivalutare almeno mensilmente le condizioni strutturali e organizzative che giustificano la limitazione delle visite familiari.
  5. I parenti e gli altri visitatori devono essere informati sui rischi legati all'accesso alle aree COVID-19.
  6. Il processo di riapertura dovrebbe essere condiviso con tutto il team.
  7. La presenza fisica dei familiari non dovrebbe essere limitata alle unità di terapia intensiva - La decisione di "aprire" dovrebbe riguardare le terapie intensive insieme a tutti gli altri reparti dell'ospedale, il cui lavoro precede o segue sempre quello del trattamento della fase più critica e complessa della malattia.

Come procedere all'apertura

Le condizioni indispensabili perché i visitatori possano entrare in ospedale sono:

  1. il familiare e il paziente lo vogliono;
  2. il familiare non è in isolamento domiciliare fiduciario o in quarantena;
  3. il familiare è asintomatico e non presenta fattori di rischio per malattie contagiose, sono disponibili sufficienti DPI per i membri della famiglia;
  4. è garantita la presenza di persone formate (operatori sanitari o volontari ospedalieri) con il compito di indicare i percorsi interni, spiegare in modo chiaro e facilmente comprensibile ai non addetti ai lavori come utilizzare correttamente i DPI e supervisionare il loro corretto utilizzo.

Qui di seguito le indicazioni fornite nel documento per procedere all’apertura delle unità di terapia intensiva.

  • Utilizzare procedure rigorose e concordate per differenziare i percorsi di ingresso e di uscita, per garantire un'adeguata programmazione, la distanza interpersonale, il lavaggio delle mani e l'obbligo di indossare i DPI.
  • Prevedere un monitoraggio clinico dei visitatori (controllo della temperatura corporea, dell'assenza di sintomi influenzali e di altri fattori di rischio). La sorveglianza infettiva opzionale con test antigenici rapidi potrebbe dare una risposta in pochi minuti e non è troppo costosa.
  • Programmare le visite in modo che le persone non si attardino nelle sale d'attesa ed evitare troppi parenti insieme nello stesso momento. Limitare il numero di parenti/visitatori per ogni paziente e - se non è possibile organizzare una visita quotidiana - considerare la possibilità di garantire le visite dei familiari almeno una o due volte alla settimana.
  • Permettere eccezioni in circostanze in cui è particolarmente importante permettere ai familiari di visitare il paziente, come durante un'ospedalizzazione prolungata, nei casi di prognosi infausta a breve termine, e in tutti i casi di particolare fragilità del paziente.

Il modello di ospedale chiuso ai familiari non è accettabile

La pandemia ha interrotto bruscamente un percorso decennale di "umanizzazione" e di "apertura" delle unità di terapia intensiva.
Secondo gli autori, le conoscenze attuali e la disponibilità dei DPI permettono di favorire una ripresa attenta e progressiva dell'apertura alle visite familiari, sempre nel pieno rispetto della volontà del paziente. Ritengono che non vi siano ragioni sostanziali per cui i familiari non debbano essere ammessi nei reparti COVID-19. Può essere non solo utile, ma addirittura necessario. Nel contesto specifico di ogni ospedale, credono sia necessario fare il possibile per ripristinare prontamente le buone pratiche "umanizzanti" sia nelle unità di terapia intensiva che in quelle non intensive.

 


Fonte: Mistraletti, G., Giannini, A., Gristina, G. et al. Why and how to open intensive care units to family visits during the pandemic. Crit Care 25, 191 (2021). https://doi.org/10.1186/s13054-021-03608-3