Per 29 anni la Spagna è stata il campione mondiale nella donazione e nel trapianto di organi. La pandemia di COVID-19 ha certamente rallentato la sua attività, ma questo Paese è ancora di gran lunga in testa in questa speciale classifica. Nel 2020, la Spagna aveva circa 37 donatori di organi per milione di abitanti. Questo numero è significativamente più alto di altri paesi... prima della pandemia. Nel 2019, la Germania aveva solo 11 donatori per milione di abitanti, l'Australia 22, la Francia meno di 30 e l'Italia 25.
Lo scorso anno in Spagna sono stati effettuati 4.425 trapianti d’organo (1). In Spagna l’anno scorso 1.777 persone hanno donato uno o più dei loro organi post mortem. La principale causa di morte che ha preceduto le donazioni è stata l'ictus. Le morti per incidenti stradali hanno rappresentato solo il 4,5% delle donazioni, il tasso più basso dell'ultimo decennio. Inoltre, 268 persone hanno donato un rene o parte del loro fegato da viventi (2).
Il piano strategico della Organización Nacional de Trasplantes (ONT) si chiama "50x22". Mira a raggiungere 50 donatori per milione di abitanti entro il 2022, e a superare i 5.500 trapianti all'anno. Senza la pandemia, questi obiettivi sarebbero stati raggiunti due anni prima del previsto. «Il risultato più sorprendente è che il sistema [istituito dalla ONT] ha reso il prelievo di organi un'attività di routine, indipendentemente dalle circostanze della morte», ha detto Beatriz Dominguez-Gil, direttrice generale della ONT. «In Spagna, chi si prende cura dei pazienti con severo danno cerebrale considera tra i suoi doveri quello di indagare sistematicamente sulle loro volontà in merito alla donazione di organi dopo la morte».
Il successo della Spagna deriva da un approccio organizzativo specifico che è stato messo in atto negli anni 2000, quando il Paese ha preso coscienza della portata dei bisogni. Dal 6 all'8% dei pazienti in attesa di trapianto (diversi dai trapianti di rene) morivano ogni anno per mancanza di donatori (dal 4 al 6% nel 2016). Altrettanti pazienti sono stati rimossi dalla lista d'attesa perché diventati troppo malati per essere sottoposti a trapianto. La Spagna è stata quindi la prima a dotare ogni ospedale di un coordinatore dei trapianti, un medico o un infermiere, spesso specialista in terapia intensiva e quindi in grado di identificare i pazienti ad alto rischio di morte cerebrale o di arresto cardiorespiratorio. L'ONT ne ha già formati più di 18.000.
Il punto forte di questi coordinatori è la loro capacità di convincere i parenti del defunto ad accettare il principio della donazione. Damiana Gurria, una di queste coordinatrici, nel 2017 ha spiegato: «Se hanno molti dubbi, chiediamo loro com'era la persona, se era generosa ad esempio. Partendo da lì, li facciamo riflettere sulla donazione. Questa enfasi sulla comunicazione ha dato i suoi frutti: la donazione di organi è ora un argomento molto familiare agli Spagnoli. La storia del calciatore Eric Abidal - che è stato salvato dal cancro al fegato nel 2012 grazie a un trapianto - e i tre film di Pedro Almodovar che trattano l'argomento lo hanno anche reso popolare (3).
I seguenti dati sono tratti dallo studio How Spain Reached 40 Deceased Organ Donors per Million Population, pubblicato nel 2017 (4).
Una indagine realizzata dall'ONT nel 2009 mostrava risultati molto eterogenei a seconda delle regioni e degli ospedali. L'ONT ha poi perfezionato il suo sistema adottando l'organizzazione messa in atto nei dieci ospedali più performanti. Questi si sono dimostrati molto efficaci nell'identificare i donatori già al di fuori delle Unità di Terapia Intensiva. Oggi il percorso tipico di un paziente neurocritico include la donazione di organi fin da subito, appena passa dal trattamento attivo alle cure palliative. Il caso viene riferito al coordinatore e la donazione degli organi viene discussa con i parenti, così come l'ammissione del paziente in terapia intensiva per la donazione degli organi.
Per il suo piano 50x22, la ONT ha continuato su questa linea, con tre obiettivi.
1- Identificare e indirizzare i potenziali donatori di organi fuori dalla Terapia Intensiva il più presto possibile.
L'obiettivo è quello di avviare precocemente le cure intensive non terapeutiche per facilitare la donazione di organi (ICOD - Intensive care to facilitate organ donation).
Un'indagine nazionale intrapresa congiuntamente con la Società spagnola di medicina d'urgenza ha mostrato, tra l'altro, che:
Ammettere il maggior numero possibile di potenziali donatori in Terapia Intensiva è stata una scelta "economicamente vantaggiosa". In primo luogo, perché la permanenza dei futuri donatori è spesso breve: nell'esperienza spagnola, il tempo mediano tra la lesione cerebrale e la morte in terapia intensiva di un paziente ammesso per la donazione è di un giorno. In secondo luogo, perché è stato stimato che ogni giorno di ricovero in terapia intensiva per un potenziale donatore si traduce in 7,3 QALY (Quality Adjusted Life Years) guadagnati per la comunità. In Spagna, un donatore di organi effettivo su quattro segue questo percorso specifico ("effettivo" significa che è stato eseguito un espianto).
2- Usare donatori anziani o "a rischio"
Nello stessa indagine risultava che il 43% dei potenziali donatori aveva più di 80 anni e/o aveva co-morbidità significative. La ONT ha quindi introdotto criteri più ampi per includere i donatori.
Il numero di donatori anziani, la maggior parte dei quali morti a causa di un ictus, è in costante aumento. In Spagna, più della metà dei donatori ha superato i 60 anni. Nel 2020, il donatore più anziano aveva 90 anni e ha permesso tre trapianti (un fegato e due reni). L'ONT ha quindi optato per una strategia di assegnazione "da anziano ad anziano". Per esempio, i reni anziani sono assegnati preferibilmente a riceventi anziani senza tener conto dell'incompatibilità HLA.
Questa strategia ha dei limiti. Negli over 60 solo l'80% dei donatori viene effettivamente sottoposto ad espianto, e in media vengono poi trapiantati solo due organi. Tuttavia, questi donatori anziani danno un contributo significativo alle attività di trapianto. Nel 2020, hanno fornito il 41% dei reni (tra quelli espiantati da donatori deceduti), il 51% dei fegati e il 24% dei polmoni trapiantati.
Un altro aspetto negativo è che i tassi di rigetto di questi organi "vecchi" sono maggiori. Ma i risultati sono ancora accettabili se si considera la sopravvivenza dei riceventi rispetto a quella dei pazienti che rimangono in lista d'attesa. Uno studio condotto in Catalogna ha mostrato che la sopravvivenza a 10 anni dei trapianti di rene da donatori di 75 anni e più era del 68%. I riceventi avevano la metà delle probabilità di morire rispetto ai pazienti in dialisi e in lista d'attesa.
L'ONT ha anche sviluppato un registro per tracciare i trapiantati da donatori a rischio non standard, cioè con una storia di malignità o infezione attiva. Su 430 casi, è stata riportata solo una trasmissione di una malattia (infezione da HCV). Il destinatario dell’organo si trovava in una situazione di assoluta emergenza.
3 - Più donazioni dopo l'arresto cardiaco (DCD, Donation After Cardiac Death)
Questo è il modo più ovvio per aumentare il numero di trapianti, e per compensare la diminuzione dell'incidenza della morte cerebrale (da 65 casi per milione di abitanti in Spagna nel 2001 a 50 casi recentemente). Infatti, la diminuzione del numero di incidenti che causano danni cerebrali da un lato, e il miglioramento del trattamento dei pazienti con malattie neurocritiche - in particolare la neurochirurgia - dall'altro, hanno logicamente ridotto il numero di donazioni dopo la morte cerebrale.
Nel 2020, il 35% dei donatori spagnoli (621 individui) sono stati arruolati dopo una morte di origine circolatoria. Questo tipo di donazione implica un notevole sforzo logistico e una comprovata cooperazione tra i diversi attori. In Spagna, undici programmi specifici che utilizzano la tecnica di perfusione regionale normotermica post‐mortem hanno permesso di realizzare un numero significativo di trapianti di rene e di fegato. I risultati sono vicini a quelli ottenuti, per esempio, con i fegati di donatori cerebralmente morti. Anche i risultati dei trapianti di polmone eseguiti in queste condizioni sono promettenti. Per i trapianti di cuore, la procedura utilizzata si basa sull'uso della circolazione extracorporea (ECMO).
Il principio della donazione dopo arresto circolatorio è stato accettato in Spagna già negli anni Novanta. Nel 1996 è stata decisa una moratoria. Tuttavia, l'evoluzione della strategia ONT, e in particolare l’invio precoce dei potenziali donatori ai reparti di Terapia Intensiva, ha giustificato l'abbandono di questa moratoria. La normativa italiana è semplice e chiara, individuando la morte e i criteri necessari per l'accertamento in modo del tutto indipendente dalla possibilità di donazione (legge n.578, 1993; Decreto del Ministero della Salute n.582, 2008). Non esiste a livello legislativo alcuna differenza tra la donazione in morte encefalica e quella a cuore fermo.
In Spagna la pandemia di COVID-19 ha causato una diminuzione dell'attività di trapianto nel 2020. I trapianti sono diminuiti del 19%, le donazioni del 23%. Tuttavia, l'impatto della pandemia si è sentito soprattutto tra marzo e maggio. Da giugno in poi, i trapianti sono tornati a tassi simili a quelli dei mesi corrispondenti del 2019.
Tra l'1% e il 2% delle persone che muoiono negli ospedali sono eleggibili per essere donatori. È soprattutto nelle Unità di Terapia Intensiva che muoiono. Tuttavia, durante la prima ondata, questi reparti erano saturi, la priorità era quella di fornire assistenza ai pazienti COVID-19. Un'altra causa del calo dell'attività di trapianto è stata la preoccupazione per il possibile contagio dei riceventi. L'ONT ha attivato un’indagine per raccogliere dati sull'impatto dell'infezione da SARS-CoV-2 nei pazienti trapiantati.
In questo contesto, l'ONT è stato costretto a sospendere temporaneamente il suo piano 50x22, a ricalibrare i suoi obiettivi e a dare priorità al trapianto di persone in assoluta emergenza. Ma la pandemia ha rappresentato per il sistema spagnolo soprattutto un'opportunità di mettersi alla prova. Così, 103 pazienti in attesa di trapianto di rene ma iperimmunizzati - cioè a rischio di rigetto acuto a causa dei loro livelli di anticorpi anti-HLA - hanno potuto beneficiare dell'efficacia del sistema PATHI - Plan Nacional de Acceso al trasplante renal para pacientes hiperinmunizados (5). Un altro risultato incoraggiante è stato quello dei trapianti pediatrici. Con 197 bambini trapiantati nel 2020, l'ONT non solo ha raggiunto un record, ma anche un obiettivo iniziale del piano 50x22.
Per quanto riguarda la donazione di midollo osseo, la pandemia non ha inciso molto in Spagna. Quasi 30.000 persone sono state registrate nel 2020 nel Registro spagnolo dei donatori di midollo osseo (Registro de Donantes de Médula Ósea, REDMO), che ora conta 440.000. Durante la prima ondata, l'ONT e REDMO hanno istituito una procedura straordinaria affinché i donatori espatriati potessero tornare rapidamente in Spagna quando erano compatibili con un ricevente. In Italia abbiamo circa lo stesso numero di donatori di midollo osseo, su una popolazione che però conta 13 milioni di abitanti in più della Spagna
Di fronte alla crisi sanitaria, l'ONT ha dimostrato ancora una volta il suo dinamismo e la sua flessibilità. Ma le buone pratiche non spiegano tutto. Ad esempio, il calo del numero di Spagnoli in lista d'attesa (4.794 al 31 dicembre 2020, una cifra leggermente inferiore a quella del 2019) è dovuto principalmente alla saturazione del sistema sanitario dovuta alla pandemia. Resta da vedere, quindi, come i dati si muoveranno nel 2021.
In Italia una frenata brusca ma contenuta: è questo il bilancio finale fotografato dal report 2020 del Centro nazionale trapianti, che mette in fila le cifre dell’attività di donazione e trapianto di organi, tessuti e cellule nell’anno della pandemia (6). Come ampiamente atteso, al conto dei danni del coronavirus vanno aggiunti anche quasi 400 trapianti in meno (in calo del 10% rispetto al 2019), ma i dati complessivi dimostrano una sostanziale tenuta della rete trapiantologica davanti all’onda d’urto dell’emergenza sanitaria.
A pesare, inevitabilmente, è stata la saturazione delle Terapie Intensive, che sono la trincea della lotta alla COVID-19, ma anche il luogo in cui avvengono le donazioni di organi e tessuti necessarie ai trapianti. Nel 2020 le segnalazioni di potenziali donatori in rianimazione sono calate dell’11,5% rispetto al 2019 e questo ha portato a una diminuzione del 10,4% dei prelievi di organo da donatori deceduti (1.236 contro i 1.379 dell’anno precedente). A questo dato si aggiunge una diminuzione più consistente delle donazioni da vivente (294, -19.2%): trattandosi di un’attività chirurgica programmabile, questa tipologia di trapianto ha scontato un rallentamento maggiore. Il risultato finale è un tasso di 20,5 donatori per milione di abitanti, che riporta l’Italia indietro di cinque anni: era dal 2016 che questo indicatore era stabilmente sopra quota 21 (l’anno scorso 22,8).
Nell’anno appena concluso, a scendere è stato anche il tasso di opposizione al prelievo rilevato nelle rianimazioni, passato dal 31,1% del 2019 al 30,2% del 2020.
Il calo delle donazioni si è tradotto in una speculare riduzione dei trapianti. Sono stati 3.441 gli interventi effettuati nel 2020, 373 in meno rispetto al 2019 (-9,8%). Di questi, 3.146 sono stati realizzati grazie agli organi di donatori deceduti (-303, ovvero -8,8% rispetto a un anno fa).
Al conto va aggiunto il primo trapianto italiano di utero, realizzato con successo a Catania nell’agosto scorso. Si è trattato di uno dei molti successi che hanno segnato il 2020 della trapiantologia italiana, insieme al primo trapianto di polmoni su un paziente COVID-19 effettuato in Europa (a maggio al Policlinico di Milano) e ai primi trapianti al mondo di fegato da donatori a pazienti positivi al coronavirus, avviati grazie a un protocollo varato dal Cnt a dicembre e già arrivati a quota 8.
L’emergenza sanitaria non ha fermato l’attività di prelievo e trapianto di cellule staminali emopoietiche. La rete dei centri italiani ha messo subito in campo percorsi COVID-free e il Registro dei donatori di midollo IBMDR ha garantito stabilmente la ricerca dei donatori compatibili e il trasporto in sicurezza del materiale biologico: il risultato è stato il più alto numero di trapianti di midollo da donatore non consanguineo mai realizzato nel nostro Paese, ben 875 (+1,9%) e di donazioni effettuate, 288 (+1,4%). È l’immissione dei nuovi donatori, invece, a pagare il blocco delle attività sociali che ha impedito gli eventi di reclutamento nelle piazze: i nuovi iscritti al Registro IBMDR nel 2020 sono stati solo 20.960, oltre la metà in meno di quelli del 2019.
Note:
1 - Nel 2020 la Organización Nacional de Trasplantes ha registrato 2.700 trapianti di rene, 1.034 trapianti di fegato, 336 trapianti di polmone, 278 trapianti di cuore, 73 trapianti di pancreas e 4 trapianti di intestino.
2 - 257 trapianti di rene e 11 trapianti di fegato.
3 - “Tutto su mia madre”, “Il fiore del mio segreto” e “Parla con lei”.
4 - Matesanz R, Domínguez-Gil B, Coll E, Mahíllo B, Marazuela R. How Spain Reached 40 Deceased Organ Donors per Million Population. Am J Transplant. 2017 Jun;17(6):1447-1454. doi: 10.1111/ajt.14104. Epub 2017 Jan 9. PMID: 28066980.
5 - Questo sistema, sviluppato in Spagna dal 2017, permette di trovare un donatore compatibile per i pazienti altamente sensibilizzati in lista d'attesa. L'implementazione di un sistema di priorità nazionale basato sul crossmatch virtuale ha aumentato l'accesso al trapianto per questi pazienti, con risultati eccellenti in termini di sopravvivenza del paziente e del trapianto. Per approfondimenti: Valentin MO, Ruiz JC, Vega R, Martín C, Matesanz R; working group PATHI. Implementation of a National Priority Allocation System for Hypersensitized Patients in Spain, Based on Virtual Crossmatch: Initial Results. Transplant Proc. 2016 Nov;48(9):2871-2875. doi: 10.1016/j.transproceed.2016.09.024. PMID: 27932095.
6 - Comunicato stampa. Donazioni e trapianti, i dati e le eccellenze del 2020. Centro Nazionale Trapianti. 20 gennaio 2021